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Cos'è il Socialismo

Nel corso degli anni, la parola Socialismo è venuta a definire gli obiettivi e i principi di svariate organizzazioni, e il regime politico di numerosi Stati. La stragrande maggioranza degli italiani associa oggi l'idea del socialismo a partiti come l’ex PSI di Craxi, il PD, il PSDI, il Nuovo PSI, I Socialisti, il PRC, il PdCI, o altri dell'estrema sinistra, oppure a paesi come la Cina, Cuba o la Russia nei giorni dell’Unione Sovietica.
Il Movimento Socialista Mondiale, dal canto suo, si dissocia dalle suddette forme di “socialismo”. Ha sempre definito il socialismo come una società democratica, senza denaro, estesa a tutto il mondo, fondata sul libero accesso di tutti alle ricchezze secondo i bisogni autodeterminati di ognuno. Ha sempre dichiarato che il socialismo può essere realizzato soltanto con mezzi democratici: quando una vasta maggioranza voterà consapevolmente per abolire il sistema sociale esistente sostituendolo con un altro, interamente nuovo, profondamente diverso.
Tuttavia, prima che questa definizione di socialismo, e del modo in cui è possibile realizzarlo possa essere compresa appieno, è opportuno esporre il nostro punto di vista sull'attuale sistema sociale, e le ragioni per cui riteniamo che tale sistema debba essere abolito.

La società attuale

Noi chiamiamo l'attuale sistema sociale capitalismo. E per capitalismo intendiamo una società fondata sulla proprietà privata o statale dei mezzi di produzione e distribuzione, una società regolata dalle leggi del mercato.
Malgrado le etichette, il capitalismo esiste dappertutto nel mondo - in Italia, in America e nel resto dell'Occidente, in Russia e anche in Cina e a Cuba. Non esiste da sempre, né esisterà per sempre. Non si tratta di una malefica cospirazione ai danni dell'umanità ma di un ordinamento sociale che è stato necessario all'evoluzione dell'umanità stessa. Basti pensare agli eccezionali progressi compiuti nell'ambito della scienza e della tecnica, allo sviluppo dei sistemi di comunicazione, all'acculturamento di vastissime fasce di popolazione fino a un livello molto elevato di conoscenze e di capacità di adattamento.
Ma il capitalismo non ha saputo né potuto applicare tali progressi a beneficio della maggioranza. Non ha saputo unire il mondo politicamente, come si può vedere dal gran numero di guerre in corso e dalla costante possibilità di una grande guerra che rischia di cancellare l'umanità intera dalla faccia della terra. Non ha saputo usare scienza e tecnologia per assicurare alla gente attività utili e dignitose che appaghino e soddisfino. Anzi, è riuscito a rendere il lavoro maledetto, giacché lavorare viene per molti a identificarsi con la parte più sgradevole dell'esistenza.
In conclusione, il capitalismo ha saputo creare una potenziale abbondanza di ricchezze capaci di soddisfare su vastissima scala i bisogni dell'umanità, senza però riuscire a mettere in pratica tale potenziale. Questo avviene poiché il sistema economico capitalista è strutturato in modo tale da non permettere una libera distribuzione delle ricchezze, che vengono invece razionate a seconda delle necessità del mercato e del sistema salariale.
Inoltre, alla minaccia dell'abbondanza, reagisce in maniera semplicemente assurda, come si può vedere dall'enorme problema creato da milioni di tonnellate di surplus alimentare quando milioni di persone stanno morendo di fame.

Lo sfruttamento

Anche in quei paesi economicamente avanzati dell'Occidente (quali l'Italia, l'Inghilterra, la Francia, la Germania, l'America, ecc.) in cui le forme più abiette di miseria sono state risolte, il capitalismo opera, come ha sempre operato dovunque, sfruttando la maggioranza della popolazione.
Questo non significa che i lavoratori guadagnino un salario da fame o che vivano nelle stesse condizioni del diciannovesimo secolo, né che i padroni riescono a fare un profitto troppo alto. Vuol dire semplicemente che i lavoratori costituiscono una fonte di ricchezza che viene loro sottratta, che essi producono più ricchezza di quella che ricevono sotto forma di salario. Questo può sembrare ovvio, eppure moltissime persone, condizionate dalla loro educazione e dai mass-media, credono che ci si debba considerare estremamente fortunati quando imprenditori generosi o governi ben intenzionati offrono possibilità di impiego.
La verità è che le ricchezze mondiali sono prodotte ma non possedute da quella vasta maggioranza che per vivere è costretta a vendere la propria forza lavoro a un padrone in cambio di uno stipendio o di un salario. E, nonostante che le condizioni di vita siano migliorate in maniera eclatante nel corso degli ultimi decenni, una piccola minoranza della popolazione continua a possedere la grande maggioranza delle ricchezze.

La classe lavoratrice

Chiamiamo classe lavoratrice questa grande maggioranza di persone che produce le ricchezze ma ne possiede solo una parte minima. Con questo termine molti intendono esclusivamente la classe operaia, cioè quel gruppo definito da un tipo di occupazione particolare, da un certo grado di istruzione e, persino da connotati specifici quali le maniere e il modo di parlare. Per i socialisti, la classe lavoratrice include tutti coloro che per necessità economica sono costretti a vendere le proprie energie allo scopo di guadagnarsi da vivere.
La classe lavoratrice è perciò essenzialmente una classe di salariati e stipendiati e, in quanto tale, oltre agli operai, include gli impiegati, gli statali, gli insegnanti, i medici, e così via. Gli interessi di questa classe sono diametralmente opposti a quelli dell'altra classe in cui la società è divisa: la classe capitalista, che comprende coloro che possiedono terre, fabbriche, industrie, uffici, ecc. e che possono, se scelgono, permettersi di vivere senza bisogno di vendere le loro capacità a un datore di lavoro.
Ciò che va a vantaggio dei capitalisti va a svantaggio dei lavoratori e viceversa: più bassa la paga per i lavoratori, più alto il profitto per i capitalisti; più alta la paga, più basso il profitto. Sarebbe sciocco, però, avercela personalmente coi capitalisti. Qui si vuol solo dire che, con tutta la buona volontà del mondo, non si può evitare che fra gli interessi della classe lavoratrice e della classe capitalista sussista un antagonismo irriducibile. La società in cui viviamo, insomma, è una società divisa in due classi.

La lotta di classe, i sindacati

Finché la società sarà divisa in classi esisterà la lotta di classe la cui espressione più caratteristica è lo sciopero. Un'azione simile è spiacevole ma inevitabile se i lavoratori vogliono difendere il loro tenore di vita ed eventualmente migliorarlo. I lavoratori non la cercano, né i socialisti ne godono. Bisogna aggiungere, tuttavia, che, sebbene lo sciopero sia una strategia necessaria per la difesa della classe lavoratrice, costituisce un'arma assai limitata, in quanto gli aumenti di paga possono essere negoziati soltanto entro stretti limiti.
Bisogna sottolineare inoltre che l'opera dei sindacati non costituisce affatto una minaccia per l'esistenza del capitalismo. Al contrario, in quanto organizzazioni create per mercanteggiare con i padroni sulla paga e sulle condizioni di lavoro i sindacati giocano una parte essenziale nel funzionamento del sistema capitalista.

Le riforme

Oltre alla continua lotta di classe fra padroni e lavoratori per ottenere paghe più alte e migliori condizioni di lavoro, il sistema capitalista genera ulteriori drammatici problemi. Minacce di guerra, disoccupazione, inflazione, merci e abitazioni scadenti, angoscia, solitudine e noia, sono tutti problemi che contribuiscono a comporre il quadro di una società afflitta da conflitti irrisolti in cui la qualità della vita è insoddisfacente, perennemente angustiata da un senso di frustrazione e insicurezza.
Spesso e volentieri i vari partiti della scena politica promuovono riforme. Ma una volta entrate in vigore, queste molto spesso non sortiscono l'effetto sperato e, a un esame accurato, si rivelano esse stesse prodotti del sistema tese a far funzionare meglio il meccanismo di sfruttamento e di profitto. Prendiamo ad esempio la Mutua: da un lato serve per rimettere in salute i lavoratori malati e rispedirli il più rapidamente possibile ai loro posti di lavoro in ufficio o in fabbrica; dall'altro serve per mantenerli in buon ordine di marcia, affinché possano esplicare efficacemente le loro mansioni e creare profitto a chi li impiega.
Ci sono molti che, in buonafede, ritengono che, pur mantenendo come obiettivo ultimo la realizzazione di una società socialista, bisogna lottare nel frattempo per ottenere delle riforme. In realtà questa strategia è un modo per ritardare ad infinitum quel momento e per disperdere energie, che potrebbero essere utilmente impiegate per attuare il socialismo in un imminente futuro, in attività dai risultati incerti che, in ultima analisi, servono a rafforzare il sistema esistente invece che ad abolirlo. Per cui la funzione dei socialisti non è di propagandare riforme e cercare di conquistare in questo modo l'appoggio dei lavoratori.
Finora è stato relativamente semplice incanalare l'insoddisfazione dei lavoratori in una direzione riformista, anziché socialista; c'è persino chi dice che nel complesso i lavoratori siano soddisfatti di come stanno le cose. In realtà, più che soddisfatti, bisognerebbe dire apatici. Quello che la maggior parte delle persone desidera è una vita tranquilla e sicura per se stessi e per le loro famiglie, ma il sistema capitalista non lo permette. Questa aspirazione viene continuamente frustrata da crisi economiche, riorganizzazione del lavoro, criminalità e violenza, e dal perenne fermento di un sistema intrinsecamente dinamico e competitivo quale è quello capitalista. A questo la gente reagisce rifugiandosi nell'apatia e nel qualunquismo, perché è stata abituata ad accettare che le decisioni vengano prese per loro, arbitrariamente, dall'alto, e si sente impotente ad agire con la propria testa. Ricorre allora a palliativi come ad esempio la televisione, la droga, la febbrile corsa al successo, illudendo se stessa e gli altri di essere “felice” in questo modo.
Ma le cose non miglioreranno e in ultima analisi ci troveremo a dover affrontare il problema alla radice: abolire il sistema capitalista e instaurare, collettivamente, il socialismo.

Il Socialismo nascerà dal capitalismo

Chi ci garantisce che questo avverrà? Nessuno, certamente. Però esistono delle tendenze, all'interno del sistema stesso, che rendono tale svolta altamente probabile.
Il capitalismo ha già creato una classe lavoratrice ben organizzata e ben qualificata che ha in mano l'intera attività produttiva, amministrativa e educativa del mondo avanzato e che, a causa della posizione subordinata in cui è tenuta, è continuamente portata a mettere in discussione lo status quo. Ha inoltre prodotto e continua a produrre le condizioni materiali necessarie all'unificazione della società su scala mondiale, cioè una sempre più efficace rete di comunicazioni e una potenziale capacità di produrre beni in abbondanza. Molti degli stessi problemi causati dal capitalismo, quali l'inquinamento, la minaccia di una guerra nucleare, il terrorismo, la recessione, ecc. sono problemi sentiti a livello mondiale e, per tale ragione, contribuiscono a sensibilizzare l'opinione pubblica delle più svariate parti del mondo circa il bisogno di trovare soluzioni globali.
Nessuna di queste tendenze può garantire in se stessa l'imminente avvento di una società socialista a livello mondiale, ma, come abbiamo accennato, il capitalismo è un sistema dinamico, in continua evoluzione, che non conosce niente di sacro e di stabile e che continuerà a generare dal suo interno germi e tendenze che porteranno alla diffusione delle idee socialiste.

Come realizzare il Socialismo

Poiché per socialismo intendiamo una società interamente democratica in cui la maggioranza prenderà le decisioni con pieno diritto di dissenso per le minoranze, ne consegue che il socialismo può essere realizzato soltanto democraticamente, cioè quando la maggioranza lo avrà compreso e voluto.
Il socialismo non può esser donato al mondo da un'élite che pensa di sapere quale sia il bene della maggioranza. La rivoluzione effettuata da una minoranza può soltanto fallire e condurre a un ennesimo esempio di governo minoritario di stampo capitalista, come accadde in Russia nel 1917 e più tardi in Cina. Tali paesi venivano chiamati socialisti ma era più esatto chiamare il loro sistema capitalismo di stato.
Essendo una rivoluzione della maggioranza, per realizzare il socialismo non c'è bisogno di usare la violenza. La romantica visione di lotte per le strade e di barricate appartiene ormai ai tempi passati. Oggi non ci sarebbe nessuna barricata abbastanza robusta per contrastare la forza dello Stato moderno e, in ogni caso, non ci sarà bisogno di ricorrere a mezzi violenti, giacché nei paesi avanzati, dove la classe lavoratrice è più numerosa e organizzata, essa ha a disposizione certi elementari diritti politici che il sistema stesso è stato costretto a concedere, in particolare il voto. Per cui, quando la maggioranza avrà deciso di volere il socialismo, non dovrà far altro che organizzarsi in un partito democratico, senza leader (com’è organizzato attualmente il Movimento Socialista Mondiale) e usare le urne per mandare i suoi rappresentanti in Parlamento con l'incarico non di formare un nuovo governo ma di abolire il capitalismo e tutto il meccanismo dello Stato che ne è l'espressione.
Gli scettici a questo punto si chiederanno: e la classe capitalista lo permetterà? La nostra risposta è: che potrà fare per opporsi a una maggioranza politicamente consapevole composta da ogni settore della classe lavoratrice, polizia ed esercito inclusi?

Come sarà il Socialismo

Come sarà il socialismo una volta che verrà stabilito? Ovviamente non siamo in grado di esporre in ogni dettaglio quale sarà il programma democraticamente definito a cui si atterrà la maggioranza che avrà realizzato e che vivrà nella nuova società socialista. Ma possiamo dare un'idea globale della sua natura.
Possiamo dire prima di tutto che segnerà la fine del mercato e di tutte quelle istituzioni finanziarie e commerciali quali denaro, prezzi, salario, banche, pubblicità.
Possiamo dire poi che, quando fattori quali costo e competizione saranno stati aboliti, il mondo potrà programmare la produzione su basi democratiche secondo il bisogno, attingendo liberamente alle risorse mondiali e ai mezzi messi a disposizione dalla moderna tecnologia.
Possiamo dire che segnerà l'inizio del lavoro inteso come cooperazione, come piacere, e non come fatica.
Possiamo dire che segnerà l'uguaglianza sociale di uomini e donne.
Possiamo dire che segnerà l'avvento della vera democrazia in ogni aspetto della società e dell'esistenza individuale, e della libertà di scegliere le proprie attività senza essere condizionati da decisioni prese da altri sopra le nostre teste.
Possiamo dire che il socialismo sarà a livello mondiale, poiché non ci sarà posto per nient'altro essendo il mondo, per quanto riguarda le comunicazioni e la rapida diffusione delle idee, così ravvicinato che quando il popolo di un paese sarà pronto per il socialismo, il resto del mondo non potrà essere molto lontano.
Di più non possiamo dire tranne che, a parer nostro, l'istituzione di una società mondiale fondata sulla proprietà comune delle risorse e sul controllo democratico è l'unica soluzione ai problemi della vita moderna. Questo potrà forse apparire un obiettivo remoto, ma più saranno quelli a pensarla come noi e ad aiutare a diffondere le idee socialiste, più presto questo obiettivo sarà raggiunto.
E se vi iscriverete nel Movimento Socialista Mondiale, vi troverete ad essere membri di un'organizzazione politica unica, la sola ad essere veramente democratica, senza capi, né segreti, in cui tutti i membri sono uguali.
Un'organizzazione politica, insomma, che prefigura il modo in cui sarà organizzata la società socialista.