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giovedì 22 luglio 2010

Lavoro astratto

“Marx, grazie al concetto del lavoro astratto, basa tale lotta su solide fondamenta oggettive che spiegano sia il movimento oggettivo del capitalismo verso il proprio superamento che la possibilità per il Lavoro di sviluppare una sua soggettiva alternativa conforme a tale oggettività” (G. Carchedi, Il contenuto di classe della teoria autentica di Marx, 2009).

Marx nella prefazione alla prima edizione del Capitale (Volume I, 1867) ammette che

“la comprensione … della sezione che comprende l’analisi della merce (presenta)… la difficoltà maggiore…”

Data l’importanza del concetto del lavoro astratto per la lotta di classe come sottolineato da Carchedi, molti sono stati i tentativi da parte dell’economia politica borghese di screditarlo, indebolendo così le fondamenta teoriche su cui si basa la lotta socialista.

Per questo motivo il Movimento Socialista Mondiale ripropone il concetto di lavoro astratto così come presentato da Marx nel primo capitolo del primo volume del Capitale.

Seguiamo quindi il ragionamento di Marx:

“La merce … è un oggetto … che … soddisfa bisogni umani di qualunque specie. ... L’utilità di una cosa fa che essa abbia un valore d’uso. Ma questa utilità non è campata in aria, è una determinazione della qualità del corpo di una merce e non esiste senza di esso.”

p.es. un sedia serve per sedersi (il suo uso è quello di fornire un posto a sedere), una mela serve per nutrirsi (il suo uso è quello di nutrire).

“I valori d’uso formano il contenuto materiale della ricchezza, qualunque sia la sua forma sociale. Nella forma di società, che noi dobbiamo esaminare (n.d.a quella capitalista) essi sono nello stesso tempo i depositari materiali del valore di scambio.”

p.es una sedia o una mela servono da sedia o da mela sia che siamo in un sistema feudale sia che siamo in un sistema mercantile o capitalista. Ma sul mercato se si vuol scambiare tale sedia ci vorranno diversi chili di mele per ottenere uno scambio equo.

Se il valore d’uso rappresenta la qualità della merce

“il valore di scambio si mostra dapprima come il rapporto quantitativo, come la proporzione nella quale valori d’uso di un tipo si scambiano con valori d’uso d’altro tipo, e tale rapporto muta in continuazione coi tempi e con i luoghi”

p.es 1 sedia si scambia equamente con 50 chili di mele, i valori d’uso in gioco sono il sedersi e il nutrirsi ma i valori di scambio sono 1 a 50. E’ ovvio che questo rapporto 1 a 50 non è fisso ma può oscillare.

Nel sistema capitalista una volta ricordato che per essere merce un oggetto deve avere una certa utilità (valore d’uso) nello scambio tra merci quello che conta è solo il valore di scambio.

“…se non si considera il valore d’uso dei corpi delle merci, rimane loro una sola qualità quella di essere prodotti del lavoro. Ma già il prodotto del lavoro ci si è trasformato non appena lo abbiamo nella mano.”

Questo è il punto cardine del ragionamento di Marx, la merce è prodotto del lavoro umano, ma il contributo umano nel trasformare una cosa senza valore d’uso in una cosa con valore d’uso, ovvero il lavoro impiegato, rimane nella merce. Per esempio abbiamo della farina e dell’acqua, per fare della pasta c’e’ bisogno di unire questi due ingredienti e impastarli fino a farli diventare omogenei. Il lavoro impiegato per trasformare la farina e l’acqua in pasta non è visibile (è astratto) ma il risultato, ovvero la pasta, è visibile e tangibile e sicché la pasta ha un valore d’uso, il nutrire, essa può essere scambiata come merce.

“se tralasciamo il suo valore d’uso, tralasciamo anche le parti fondamentali e le forme corporee che lo fanno valore d’uso … viene meno insieme al carattere di utilità dei prodotti del lavoro anche il carattere di utilità dei lavori in essi rappresentati, vengono meno quindi anche le svariate forme concrete di tali lavori, le quali non si distinguono più, bensì sono tutte ricondotte al medesimo lavoro umano, a lavoro umano astratto”

p.es se ho bisogno di 10 minuti per impastare 1 chilo di farina e mezzo bicchiere d’acqua e 30 minuti per riparare una bicicletta e non considero che la pasta ha una diversa utilità della bicicletta, ho investito 3 volte più lavoro nella bicicletta che nella pasta. I tipi di lavoro impastare e riparare sono totalmente diversi, ma nella mezzora in cui riparavo la bicicletta avrei potuto impastare 3 chili di pasta.

“Nulla resta (dei prodotti del lavoro) tranne una eguale fantastica oggettività, una pura gelatina di lavoro umano indistinto, cioè di dispendio di forza lavorativa umana senza badare alla forma del suo dispendio … Nella produzione è stata spesa forza di lavoro umano, vi è accumulato lavoro umano.”

La conclusione a cui Marx arriva è quindi che:

“Un valore d’uso o bene ha valore solo in quanto viene oggettivato, o materializzato, in esso astratto lavoro umano. Come misurare allora la grandezza del suo valore? Per mezzo della quantità della sostanza che crea valore, cioè del lavoro, che è contenuta in esso. La quantità del lavoro si misura a sua volta con la sua durata nel tempo.”

Perché questo è importante?

Perché il lavoro produce valore e nel sistema capitalista una parte di questo valore viene sottratto al lavoratore (plusvalore) durante il processo di produzione. Questa parte di valore, essendo lavoro non pagato, è quella che in ultima analisi va a costituire il profitto del capitalista.
Inoltre questo è importante perché è l’origine della contraddizione del sistema di produzione capitalista.

“…per Marx il (plus)valore aumenta o diminuisce nella misura in cui il lavoro astratto aumenta o diminuisce e la diminuzione percentuale del lavoro astratto è la tendenza mentre il suo aumento è la controtendenza.” (G. Carchedi, Il contenuto di classe della teoria autentica di Marx, 2009).

In altre parole il capitalismo tende ad aumentare la produttività attraverso le innovazioni tecnologiche tendendo a diminuire il contributo umano alla produzione (diminuzione di lavoro astratto). Dato che il valore e il plusvalore derivano dal lavoro astratto (ogni tipo di lavoro), una sua diminuzione determina una tendenza alla caduta del saggio di profitto.

La caduta tendenziale del saggio di profitto determina la crisi economica, infatti il capitalismo quindi tende ciclicamente alla crisi.

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