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sabato 29 ottobre 2011

Il futuro cupo del capitalismo

Questo articolo offre numerosi spunti, ed è conforme alle idee del MSM in larghissima parte.
Su un punto però il  MSM la pensa in maniera diversa: esso ritiene che la precondizione necessaria perché il socialismo possa essere instaurato è che la vasta maggioranza della popolazione, a livello mondiale o quantomeno  nei paesi più sviluppati, abbia compreso cos'è il socialismo e abbia la volontà di realizzarlo. Senza questa vasta maggioranza, il socialismo non può proprio essere instaurato. Una volta che questa vasta maggioranza ci sarà, la via principe per instaurare il socialismo sarà quella elettorale (in termini di democrazia diretta). Ciò non vuol dire che il passaggio al socialismo sarà delegato, per via elettorale, ad una avanguardia dei lavoratori, ma al contrario che ognuno dovrà prendere parte in questo processo, e cioè che il voto è inteso dal MSM come strumento di accordo sociale.

sabato 4 giugno 2011

Il sistema del profitto

Pochissime persone negherebbero che lo stato attuale del mondo lasci molto a desiderare. L’umanità barcolla da una crisi all’altra – un continuo susseguirsi di guerre, carestie, depressioni, repressioni…
Il capitalismo ha sviluppato un’enorme capacità produttiva, ma la sua organizzazione e i suoi rapporti sociali causano problemi estremamente seri e lo rendono incapace di soddisfare i bisogni fondamentali della sua gente.

Un vasto ammontare delle risorse del mondo è speso nella produzione di armi da guerra, da pallottole e baionette ad armi nucleari e chimiche. Accanto a queste armi vi sono le forze armate che ogni stato organizza, veste, nutre, addestra e schiera. Questo è uno spreco massiccio di sforzi umani; è tutto volto ad essere distruttivo e niente a creare qualcosa di utile per gli esseri umani.

In un mondo che potrebbe produrre più che a sufficienza per nutrire e prendersi cura della sua popolazione milioni di persone sono senza abitazione e decine di milioni muoiono ogni anno perché non hanno abbastanza da mangiare o per mancanza di opportuno trattamento medico. Nulla di tutto questo è necessario. Succede mentre i coltivatori in Europa e nel Nord America sono pagati per tenete la terra incolta; talvolta perfino il cibo che è stato prodotto viene distrutto o lasciato marcire. Ciò ha senso per la logica del profitto, ma in termini di interessi umani è selvaggiamente folle.

L’ambiente è sempre più minacciato dall’inquinamento e dalla distruzione di alcune delle sue caratteristiche vitali naturali ed ecologiche. Sentiamo avvertimenti ben informati di un disastro incombente, se non agiamo per sradicare il problema, ma questi avvertimenti sono sempre affrontati con l’obiezione che salvare l’ambiente può essere un’attività costosa e a danno del profitto. Non sarebbe necessario per l’industria e l’agricoltura espellere sostanze nocive nell’aria, nella terra, nei fiumi e nei mari. Fanno questo oggi perché l’inquinamento è visto come la scelta più economica, il che significa più profitti facili, e in una società dove il profitto è la motivazione dominante per la produzione quella è una giustificazione sufficiente per non tenere in nessun conto il benessere umano.

Questi sono alcuni esempi di come il capitalismo opera contro gli interessi delle persone del mondo. In contrasto, come spiegano gli articoli di questa rivista, il socialismo avrà rapporti sociali, motivi per la produzione e concetti fondamentalmente  differenti riguardo agli interessi e alla sicurezza degli esseri umani.

Tutti i programmi che attualmente sono avanzati dai politici di professione per occuparsi dei problemi del capitalismo con le riforme sono destinati a fallire a causa del loro metodo essenzialmente frammentario. Tentano di trattare i sintomi invece di procedere per la causa basilare. Ecco perché, dopo un secolo o più di riformismo, i problemi dei quali i riformisti reclamano di occuparsi sono ancora qui.
È necessario un cambiamento molto più radicale e fondamentale per creare la struttura all’interno della quale questi problemi possano essere risolti.

(Traduzione da Socialist Standard, maggio 2005)

domenica 1 maggio 2011

Primo Maggio nel 1920

In questo periodo di crisi strutturale, in cui la classe dominante corrotta imbarazza addirittura le altre borghesie mondiali, il fascismo imperversa ostentando con forza la sua grettezza. Come di consueto il governo protegge e alimenta questa ondata di fascismo.

È proprio ora che dobbiamo avvalerci della storia la quale ci ricorda che quello che oggi può sembrare una semplice ricorrenza è stata ed è un momento di lotta.

Torniamo al primo Maggio 1920, quando l’arditismo e il fascismo erano incoraggiati e foraggiati dalla classe dominante al fine di chetare le rimostranze socialiste.

Solo in quel giorno si contarono in Italia 10 morti e più di 70 feriti, insomma, una vera e propria strage. A Torino più di cento mila persone si riversarono in piazza per celebrare la festa (a quel tempo non riconosciuta) dei lavoratori. In corso Siccardi la guardia regia aprì il fuoco sul corteo uccidendo gli operai D. Arduino e M. Dotto, provocando più di 50 feriti. A Pola in Istria i bersaglieri aprirono il fuoco su un corteo di giovani socialisti uccidendo 4 dimostranti e ferendone altri 20. A Bagnara di Romagna nel forlinese il muratore anarchico L. Baroncini fu ucciso dai carabinieri. A S. Severo in provincia di Foggia una donna restò uccisa a seguito di scontri tra socialisti e nazionalisti, similmente a Brendola in provincia di Vicenza un leghista rosso perse la vita durante gli scontri tra socialisti e popolari. In fine a Paola in provincia di Cosenza gli scontri tra socialisti e popolari tolsero la vita al capolega cattolico De Seta (informazioni tratte dall’ottimo libro di Fabio Fabbri, Le origini della guerra civile, UTET, 2009).

Gli anni passano e molte cose si dimenticano, ma finché il sistema capitalista non è sovvertito, i lavoratori si troveranno davanti al bivio, prendere coscienza e lottare per un mondo migliore, o asservirsi all’ideologia dell’odio. La quale é nazionalista (se non regionalista) e intollerante (ovvero razzista) e quindi piace tanto ai padroni.

Lotta al fascismo, lotta al capitale!

Buon Primo Maggio dal MSM

martedì 12 aprile 2011

MSM sul 150° anniversario dell’unità d’Italia

Il 17 Marzo si è commemorato il 150° anniversario dell’unificazione d’Italia. Questa commemorazione è coerente con la necessità, ancora viva, della classe dominante borghese di conservare e consolidare nella classe lavoratrice il sentimento d’appartenenza a una patria. Tale sentimento di appartenenza è in diretta contrapposizione allo spirito internazionalista che la classe lavoratrice cosciente dovrebbe avere. Alla borghesia non interessa la realtà storica, ma il dominio, e quindi il controllo sui lavoratori, e come meglio controllare la massa se non dividendola in nazioni, categorie e così via?

Ma allora siamo italiani o no? La risposta è nella frase del marchese d'Azeglio “abbiamo fatto l’Italia ora dobbiamo fare gli Italiani”, la quale è storicamente corretta e dimostra che il concetto d’italianità è fittizio. In verità quello del popolo italiano è un mito che alla stessa stregua del mito del popolo tedesco emerge con il passaggio dal sistema feudale a quello capitalista. Il concetto di patria Italiana è un concetto borghese, introdotto dalla borghesia rivoluzionaria francese nel 1797. La Francia borghese costituì nell’Italia settentrionale, per mezzo del suo generale più capace, Napoleone, la Repubblica Cisalpina che divenne nel 1802 Repubblica Italiana e quindi Regno d’Italia nel 1805 sotto Napoleone Imperatore. Tal concetto di patria venne formalmente esteso a tutta la penisola dal cognato di Napoleone, Joachim Murat col Proclama di Rimini nel 1815. Il processo d’unificazione in Italia sicuramente non fu un processo popolare. I “patrioti” erano borghesi liberali, come Mazzini, o borghesi monarchici come lo stesso marchese d’Azeglio o il più noto Camillo Benso conte di Cavour, che nulla avrebbero ottenuto se non grazie alle superpotenze di quei tempi, quali il Regno Unito di Gran Bretagna e la Francia. I borghesi hanno cercato qua e là di usare con più o meno successo il popolo e questo conferma che il Risorgimento non fu altro che un movimento di emancipazione borghese. Il primo obiettivo borghese fu quello di creare lo Stato-Nazione (Stato liberale) e il secondo di conseguenza quello di educare i lavoratori, abitanti della penisola a esserne i sudditi.

Per i borghesi liberali come Mazzini avere un Regno d’Italia invece di una Repubblica denotava un gran ritardo tra la maturità della borghesia e il suo effettivo dominio. I monarchici questo lo sapevano bene e cercando di preservare il loro Stato feudale si barcamenavano tra concessioni e repressioni. Se oggi le più alte cariche dello Stato omaggiano al contempo il Re Vittorio Emanuele II e Mazzini, questo fa capire che per la borghesia ciò che conta sono i risultati non i mezzi.

Non solo il concetto di Nazione è un concetto fittizio ma anche estremamente recente, e questo è un altro esempio che Nazione non è sinonimo di tradizione. Di fatto gli Stati Uniti d’America, ottennero l’indipendenza, dichiarata il 4 Luglio del 1776, dal Regno Unito di Gran Bretagna formalmente con il trattato di Parigi nel 1783 ovvero 78 anni prima della famigerata unità d’Italia. Se vogliamo parlare di tradizioni allora invece di Repubblica Italiana con un secolo e mezzo di storia (se non si parte a contare dal 1870) dovremmo parlare di Repubblica di Genova, con 7 secoli di storia o quella di Venezia con 11 secoli di storia, o di Stato Pontificio altri 11 secoli, dei regni di Napoli e di Sicilia che tra una dominazione e l’altra avevano altri 5 e 7 secoli di storia rispettivamente. Ci sono volute due Guerre Mondiali con vent’anni di fascismo per convincerci della nostra italianità che oggi si commemora.

Il Movimento Socialista Mondiale ritiene che i lavoratori non appartengano a una patria, se non intesa come il mondo intero. Il che non significa che questi non abbiano tradizioni, lingue usi e costumi diversi. Il lavoratore socialista è per coerenza internazionalista. La classe dominante sa bene che dividendo i lavoratori ne ottiene l’assoggettamento. È per questo motivo che al padrone fa comodo che i lavoratori siano divisi per mansione, categoria, nazionalità, religione ecc...

Lavoratori di tutto il mondo unitevi!

domenica 20 febbraio 2011

Preambolo dell'Industrial Workers of the World - 1905

La classe dei lavoratori e quella dei capitalisti non hanno niente in comune. Non vi può essere pace finché la fame e l'indigenza sono il retaggio di milioni di lavoratori, finché lo scarso numero di persone che compongono la classe capitalistica gode tutte le buone cose che valgono ad allietare l'esistenza.

Fra queste due classi, la lotta deve continuare finché i lavoratori di tutto il mondo non si organizzino e non diventino un’unità che pigli possesso della terra e delle macchine produttrici, finché non venga abolito il sistema delle mercedi.

Noi crediamo che il concentramento delle industrie nelle mani di persone che diventano sempre più esigue di numero metta i sindacati nell'impossibilità di tener fronte alla sempre crescente potenza della classe dei padroni. I sindacati favoriscono uno stato di cose che permette a una categoria di lavoratori di danneggiare un'altra, anche se è parte della medesima industria... contribuendo così reciprocamente alla comune disfatta nelle quotidiane lotte economiche. Inoltre, i sindacati aiutano la classe capitalistica coll'indurre gli operai nella credenza che la classe lavoratrice abbia interessi comuni con quella di chi l'impiega.

Queste condizioni possono essere mutate, gli interessi della classe lavoratrice possono essere tutelati solo da un'organizzazione formata in modo che tutti i suoi membri addetti a una data industria, e anche se necessario, a tutte le industrie, cessino di lavorare quando sia indetto uno sciopero o una serrata, in qualsiasi ramo di questa o quella industria, considerando così il danno arrecato a qualsiasi gruppo di lavoratori, come danno o ingiuria a tutti quanti.

Invece del motto reazionario: "una paga equa, per un'equa giornata di lavoro", noi dobbiamo iscrivere sul nostro vessillo l'ammonimento rivoluzionario: "Abolizione del sistema delle mercedi."

Missione storica della classe operaia è quella di sottrarsi completamente alla servitù del capitale. L'esercito dei produttori deve essere organizzato, non solo per la lotta giornaliera contro il capitalista ma anche per continuare a produrre quando il capitalismo sarà rovesciato. Organizzandoci industrialmente noi prepariamo la società avvenire nell'alveo stesso di quella vecchia.

domenica 6 febbraio 2011

Manifesto per la Resistenza - Conferenza Internazionale - Roma 1966

Ci può essere un mondo senza guerra soltanto con l'introduzione di un cambiamento sociale fondamentale. Tale cambiamento sarà l'opera della classe lavoratrice socialista e non della politica pacifista. Quest'ultima è stata accettata, sia nel passato sia nel presente, da diversi partiti politici nonché da vari gruppi d'individui, che sembravano seguire nel campo politico, due linee del tutto apposte, come è il caso del Partito Laburista e dei diversi movimenti cristiani, ecc. Il fatto però è che tutti questi partiti e movimenti, appoggiano continuamente il sistema sociale capitalistico il quale è la fonte della violenza. Ne consegue che qualsiasi forma di pacifismo diventa una cosa vana.

L'eventuale eliminazione del contrasto esistente tra la politica e il pacifismo significherebbe soltanto la creazione di un ulteriore partito politico che appoggia il capitalismo e mira nel contempo a risolvere il problema delle guerre.

II Partito Socialista della Gran Bretagna [del Movimento Socialista Mondiale] ritiene che i lavori svolti da tali organizzazioni siano una perdita di tempo; i precedenti delle lunghe riforme sociali ce lo dimostrano pienamente. I diversi movimenti e partiti che appoggiano il capitalismo, il quale è la causa delle guerre nel mondo d'oggi, ostacolano il progresso dei partiti socialisti, come il Partito Socialista della Gran Bretagna, il quale mira all'abolizione del sistema sociale capitalistico e con ciò porre fino al rischio della guerra stessa.

La causa delle guerre moderne va ricercata nel conflitto degli interessi economici che si manifesta tra i vari gruppi capitalistici, compresi l'Unione Sovietica, la Cina e numerosi altri Paesi d'oltre cortina i quali rendono al socialismo un omaggio puramente verbale.

II Partito Socialista della Gran Bretagna, ritiene in primo luogo che la basa della struttura sociale capitalistica è l'esistenza di una lotta di classe tra la classe dominante/proprietaria e la classe lavoratrice salariata, la quale è l'unica fonte della produzione di tutti i beni economici.

In secondo luogo riteniamo che questi beni economici assumano la forma economica conosciuta coma merce, vale a dire di prodotti creati per essere venduti a fine di lucro. Ciò crea lo spirito e l'impulso della concorrenza economica, che oltre alla lotta di classe, forma in primo luogo su scala nazionale un'intensa concorrenza tra le varie società commerciali, e in secondo luogo forma su scala mondiale una spietata concorrenza tra gli stessi stati. Lo scopo di tutto ciò è di trovare nuovi sbocchi di mercato, di assicurarsi il mercato delle materie prime, quali il petrolio, la gomma, ecc., per avere il controllo delle vie commerciali, come il canale di Suez e per occupare luoghi strategici, come Cipro o Singapore.

In sintesi, le rivalità per essere in testa in tutti i settori delle industrie, esige da parte degli stati interessati il ricorrere all'astuzia o alla più acuta abilità di destreggiarsi nel corso delle trattative, sia nel campo politico e diplomatico che militare.

L'Unione Sovietica e gli Stati Uniti si contendono già da lunghi anni il diritto di controllo dell'Europa e del Medio Oriente. Per quanto concerne l'estremo Oriente, la loro controversia politica si è al quanto appianata in seguito alla crescente minaccia della Cina di Mao.

Non dimentichiamo però, che queste controversie fanno parte del capitalismo e si susseguono ininterrottamente: esse sono la sua realtà. A questo fine, gli stati mantengono le forze armate che servono a proteggere la posizione privilegiata della classe proprietaria nel proprio paese e in confronto agli altri paesi su scala internazionale. Un'altra triste realtà di questo fatto e che la storia delle trattative intraprese da numerose organizzazioni internazionali per giungere a un accordo sul disarmo e la pace è soltanto la storia di una lunga serie di fallimenti diplomatici.

Queste sono, a grandi linee, le cause fondamentali delle guerre mondiali del capitalismo e dei continui conflitti armati di minore rilievo che si sviluppano in varie località del mondo con un ritmo sempre più crescente, nonché del continuo stato d'allarme per prevenire un attacco di sorpresa. Tutto ciò appartiene al sistema sociale capitalistico. L'ineluttabile conclusione è che la violenza fa parte della nostra vita e continuerà a esserlo fintanto che vivremo sotto il capitalismo.

Allo stato attuale delle cose, ci sembra futile lanciare un appello morale per porre fine alla violenza. Molti pacifisti hanno dato di coraggio e sincerità e hanno dimostrato di essere persone di alta levatura morale. Ciononostante, il fatto rimane che le loro premesse sono lontane dal basarsi sulla realtà di fatto.

L'unico modo per porre fine alla guerra e alla violenza una volta per tutte è porre fine al capitalismo, compreso il capitalismo statale esistente nell'Unione Sovietica, nella Cina, ecc., e sostituirlo con un sistema sociale completamente diverso: il SOCIALISMO. Ciò non vuol dire, come sostengono i pacifisti, propagare una politica della non violenza; al contrario ciò serve a delucidare la posizione dei socialisti autentici i quali sostengono che la classe lavoratrice socialista deve ottenere, per vie democratiche, il controllo del potere politico al fine di abolire il capitalismo e di istituire il socialismo.

Il socialismo sarà un sistema sociale universale basato sulla proprietà comune e sul controllo democratico dei mezzi di produzione e della distribuzione dei beni economici nell'interesse di tutta la comunità.

I beni saranno prodotti per essere utilizzati e non a scopo di lucro. L'introduzione di questo nuovo rapporto sociale abolirà sia le cause primordiali che gli effetti della guerra.

Di conseguenza, le armi (nucleati e convenzionali) e le forze armate diverranno uno strumento bellico del passato. Ciò contribuirà a rilassare ulteriormente l'atmosfera tesa di violenza che grava tuttora sull'Umanità.

Il socialismo è possibile istituirlo soltanto quando la classe lavoratrice del mondo lo ha compreso e lo desidera. In altri termini, i lavoratori devono prima liberarsi della mentalità che regge in piedi la struttura economica capitalistica, comprese le idee del pacifismo, e poi esporre il proprio desiderio, spontaneo e consapevole, per la creazione della nuova società in cui la gente vivrà in un'atmosfera di felicità e armonia.

The Executive Committee of the Socialist Party of Great Britain.
52 Clapham High Street, London, S.W.4 - England
Marzo 1966.

martedì 1 febbraio 2011

Le fonti di energia

Il capitalismo è veramente troppo lento nell’esplorare il potenziale delle fonti di energia rinnovabili.

Nel considerare in qualsiasi modo i problemi sociali esistenti, la questione dell’approvvigionamento energetico è di primaria importanza. È evidente che il compito di procurare decenti condizioni di vita per l’intera popolazione umana debba includere il provvedimento di un’adeguata fornitura di energia. La risoluzione del problema degli alloggi nel mondo, che comprende il provvedere per il riscaldamento, la possibilità di cucinare e l’illuminazione, l’espansione dei servizi di trasporto mondiali, l’aumento della produzione di cibo, il provvedere per una fornitura sufficiente di beni durevoli per tutte le persone, più l’espansione dei mezzi di produzione che ciò richiederebbe, riguarderà discutibilmente una fornitura grandemente aumentata di energia mondiale.

Ma il problema non è semplicemente quello di fornire energia, usando ogni mezzo disponibile in una maniera indiscriminata. La produzione di energia ha un impatto considerevole sull’ambiente, perciò sarebbe importante che i metodi usati tenessero conto di questo fattore. Perché, per esempio, è così lento il capitalismo a adottare l’opportunità di sviluppare fonti di energia rinnovabili, in contrapposizione alla combustione di combustibili fossili e all’energia nucleare?

Il capitalismo non ci ha fornito di una strategia mondiale integrata dello sviluppo produttivo, che sia rivolto direttamente alla soddisfazione dei bisogni umani e possa essere socialmente controllato in modo da evitare ogni effetto distruttivo sull’ambiente. Il risultato di ciò è stato evidenziato in un recente editoriale del Guardian di Londra:

Viviamo in un mondo alimentato dal sole, tuttora quasi due miliardi e mezzo di persone – la maggior parte di esse vivendo in climi molto caldi – sono disperatamente a corto di energia con cui migliorare la loro esistenza. Ci sono due crisi energetiche; di una sappiamo a riguardo, in cui il 21 per cento della popolazione del mondo tracanna il 70 per cento della produzione di energia commerciale del mondo, prevalentemente nella forma di sostanza inquinante che provoca conservazione di radiazione solare – i combustibili fossili. L’altra crisi energetica è appena percepita e i procedimenti del World Solar Summit delle Nazioni Unite che l’ha affrontata negli ultimi due giorni sono stati appena riportati. È la crisi in cui il 40 per cento della popolazione del mondo vive ancora a un livello di sussistenza essenziale senza alcuna forma di elettricità. (1)

Da un punto di vista pratico, la società ha a disposizione una vasta scelta di opzioni tecniche e ci sono grandi riserve di capacità, di lavoro e di materiali, eppure allo stesso tempo soffriamo per una incapacità cronica di accettare queste in una maniera libera e consapevolmente regolata. Non è solo il fatto che sotto il capitalismo mondiale ci siano barriere economiche che impediscono di produrre energia sufficiente per i bisogni. Quello che diventa disponibile sui mercati dell’energia è prodotto con metodi che di per se stessi generano ulteriori problemi sociali. La presente struttura dell’approvvigionamento energetico mondiale coinvolge uno spreco non necessario di risorse utili; è distruttiva dell’ambiente; produce severi problemi secondari ed è piena di pericoli.

Questa è la situazione in cui ora ci troviamo e il capitalismo mondiale non fornisce alcun mezzo prevedibile per venirne fuori. Che cosa c’è alla base dei problemi incontrati con la fornitura di energia, che al momento stanno peggiorando? La struttura esistente della fornitura di energia, la particolare struttura della produzione delle forze economiche e uno sviluppo militare che ne è risultato. È semplicemente impossibile schierare liberamente le opzioni tecniche che adesso esistono in risposta ai bisogni umani all’interno di questa esistente struttura economica e militare.

Sono state così costringenti queste forze economiche che, fino a poco tempo fa nei paesi più industrializzati, la fonte di energia più usata era ancora il carbone, la fonte su cui la rivoluzione industriale si basò più di duecento anni fa. La maggior parte dell’elettricità è generata oggi da enormi turbine spinte dal vapore. Nel 1990, il carbone è stato bruciato per produrre questo vapore nel 32% della produzione di energia mondiale. Il petrolio era il più usato (36%) seguito dal gas naturale (19%) – e dalla fissione nucleare (4%).

Bruciare combustibili fossili, che includono il carbone e il petrolio, oltre a prevenire che essi siano usati come materie prime per la produzione dei loro vari derivati, contribuisce all’inquinamento atmosferico. Il metodo relativamente primitivo di bruciare i combustibili fossili non-rinnovabili rimane la fonte di energia più economica disponibile per la produzione capitalistica. Nonostante la vasta scelta di possibilità tecniche che ora esistono, si è ancora nella situazione in cui centinaia di milioni di persone dovunque nel mondo nemmeno raccolgono o acquistano legna da ardere come loro principale fonte di energia.

Viene generata l’energia idroelettrica e dalla fine della Seconda Guerra Mondiale c’è stato lo sviluppo dell’energia nucleare. La seconda non è mai stata selezionata come una fonte di energia desiderabile per quel che è, ma presentata sulla base dello sviluppo di armi. È tuttora una fonte di energia marginale. L’uso della tecnica basata sul sole è ancora più marginale.

L’energia nucleare – l’opzione militare

Eppure, più di cinquant’anni fa, negli anni 1930, avvennero due sviluppi simultanei che coinvolsero vaste potenzialità per il futuro dell’approvvigionamento energetico. Uno fu il lavoro teorico sulla scissione dell’atomo e l’altro fu la scoperta del meccanismo fotovoltaico che permise la conversione della luce solare in elettricità.

Da un punto di vista puramente tecnico, la ricerca e lo sviluppo potevano essere andati nella direzione sia dell’energia nucleare che delle celle solari. Nonostante i meriti, tecnici o per altri aspetti, di una o dell’altra opzione, le ragioni per cui la tecnologia solare fu spinta in un ramo stagnante della ricerca e dello sviluppo furono sia economiche che militari. Furono le implicazioni per lo sviluppo delle armi che diedero impeto al programma nucleare.

Fu il Progetto Manhattan che sviluppò la bomba atomica. Questo affrettato progetto militare che in modo perverso indica quanto velocemente la società può muoversi quando diventa impegnata, coinvolse decine di migliaia di lavoratori, comprendenti la crema del talento scientifico nel campo della fisica applicata. Nel 1945 costò 2 miliardi di dollari. L’enormità di questo sforzo può essere compresa tenendo conto del fatto che, nel 1944 in America, il valore del Prodotto Interno Lordo fu di 98 miliardi di dollari.

Dopo la Seconda Guerra Mondiale questa applicazione militare della tecnologia nucleare non diminuì, cosicché tra il 1945 e il 1956 il Programma delle Armi a Energia Nucleare costò 15 miliardi di dollari. Ciò incluse lo sviluppo della bomba a idrogeno e risultò in un enorme istituzione scientifica e industriale impegnata nel programma delle armi nucleari. In questa occasione società come Westinghouse e General Electric stavano producendo reattori nucleari principalmente per la Marina statunitense.

Questi sviluppi in America furono eguagliati in altri paesi per le stesse ragioni militari cosicché in Russia, in Gran Bretagna e più tardi in Francia la base scientifica/tecnica/industriale qualche volta conosciuta come il complesso militare-industriale venne in esistenza. Fu con questa base che il Presidente Eisenhower introdusse la sua cosiddetta campagna degli Atomi per la Pace negli anni 1950. Essenzialmente, il programma dell’energia nucleare risultò da un tentativo di capitalizzare sulle immense risorse di denaro che furono state versate nell’uso militare della tecnologia nucleare.

La minaccia per gli interessi acquisiti

Ma questa non fu l’unica ragione per la quale la ricerca e lo sviluppo nell’applicazione pratica del meccanismo fotovoltaico non furono considerati. La tecnologia solare fu soggetta ad attacco dai potenti servizi pubblici in America, le cui industrie erano basate sull’uso dei combustibili fossili. È poco conosciuto il fatto che in alcuni luoghi di vantaggio climatico, delle semplici installazioni solari furono impiegate per del tempo. Per esempio nel 1897, di tutte le case della California del sud il 30% ebbe scaldabagni solari.

Nel 1940 nella Florida del sud, l’80% di tutte le nuove case utilizzava scaldabagni solari. Una volta che queste installazioni, le quali erano semplicemente caldaie metalliche sotto vetro, erano fissate al posto giusto, tutto ciò che richiedevano era una fornitura economica d’acqua più l’abbondante luce solare del sud sulla quale nessuna impresa capitalista poteva detenere un monopolio. Queste installazioni diedero ai capifamiglia un grado di indipendenza dai grandi servizi pubblici capitalisti che erano impegnati nell’affare di vendere gas e anche elettricità generata dalla combustione del carbone e del petrolio.

L’uso di caldaie solari per scaldare l’acqua fu una cosa, ma la possibile applicazione pratica della cella fotovoltaica per convertire la luce del sole in elettricità fu una minaccia molto più seria per gli interessi capitalistici che erano assegnati legalmente al controllo e alla commercializzazione dei combustibili fossili. Le stazioni di energia centralizzate, generando l’elettricità dai combustibili fossili o dalle fonti di energia nucleari, permettono alle imprese o ai governi capitalisti di mantenere il controllo completo della fonte di energia e della commercializzazione dei prodotti. Con i dispositivi solari, una volta installati, la fonte di energia è liberamente disponibile. Ecco perché in particolare in America i servizi pubblici lanciarono un attacco organizzato sulla ricerca e sullo sviluppo dell’energia solare, variando da sollecitazioni politiche a massicce campagne pubblicitarie.

Di fronte allo sviluppo del programma delle armi nucleari e al suo riversarsi nell’energia nucleare e alla pressione esercitata dagli interessi pesantemente capitalizzati per il carbone, il petrolio e il gas, lo sviluppo delle fonti di energia solari altamente adattabili e sicure dal punto di vista ambientale è stato in gran parte trascurato. Per esempio alla fine degli anni 1970, quando il governo britannico stava spendendo più di 230 milioni di sterline per anno per la ricerca dell’energia nucleare stava spendendo soltanto 1,1 milioni per anno per le tecnologie rinnovabili basate sul sole.

Durante gli anni 1970 l’amministrazione Carter negli U.S.A. dovette esprimere interesse per le tecnologie solari a seguito di un brusco aumento del prezzo del petrolio e dei problemi che le stazioni di energia nucleare avevano incontrato. Ciò fu messo da parte dall’amministrazione di Reagan e i fondi per questo tipo di ricerca furono ancora ridotti.

È vero che qualche ricerca la stanno facendo le società petrolifere e le altre imprese capitaliste ma questo è inevitabilmente sospetto. La tendenza risultante dal loro interesse basato sul profitto nell’argomento nelle migliori delle ipotesi dirigerà questa ricerca in canali determinati dai loro interessi economici.

Questo interesse era esplicito nel seguente testo di una pubblicità:

Il sole dell’Arizona risplende 296 giorni l’anno. Gli ingegneri solari APS stanno lavorando allo Sky Harbor Photo-Voltaic Solar Project per catturare quell’eccezionale fonte di energia. Siamo orgogliosi di essere i leader nello sviluppo dell’energia solare.

22.000 celle solari in 80 dispiegamenti forniscono abbastanza energia per circa 40 case di grandezza media. Ma l’Arizona ha più di un milione di case – più le fabbriche – gli uffici – più le fattorie – che hanno bisogno di elettricità.

L’energia solare può fornire un ragionevole ammontare di elettricità saltuariamente nel prossimo secolo ma semplicemente non è pratica né economica per soddisfare i bisogni di elettricità dell’Arizona oggi. Ecco perché ora stiamo usando il carbone e il nucleare per l’utilizzo di larga scala per soddisfare i bisogni di elettricità dell’Arizona.

Il nucleare e il carbone ora per soddisfare i bisogni di elettricità dell’Arizona. (2)


I problemi del presente sistema energetico

I fattori che hanno determinato l’esistente struttura del sistema energetico del mondo sono stati i fattori economici del sistema del profitto congiuntamente con le strategie militari adottate dalle nazioni capitaliste più industrializzate e potenti del mondo, comprendenti il capitalismo di Stato dell’ex Unione Sovietica.

C’è ora una preoccupazione assai diffusa circa i problemi risultanti da questo sistema. Inevitabilmente, il continuo aumento del numero delle stazioni di energia nucleare ha come conseguenza uno stabile incremento della radioattività nell’ambiente, con un problema sempre più grande di come occuparsi dei rifiuti altamente radioattivi. Incidenti come Chernobyl con i loro orrendi risultati sono parte dell’esistente programma dell’energia nucleare.

Sezioni della comunità scientifica e gli ambientalisti sono anche estremamente preoccupati per gli effetti del continuo rilascio di anidride carbonica nell’atmosfera come risultato della combustione di combustibili fossili come il petrolio e il carbone (Riscaldamento del Globo Terrestre). Il bruciare combustibili fossili contribuisce anche al fenomeno conosciuto come pioggia acida con i suoi effetti quali la distruzione delle foreste nell’emisfero del nord, la distruzione della vita in laghi e fiumi, e il generale deterioramento del suolo.

Il compito di pulire l’industria, in particolare riguardo all’uso di combustibili fossili, è costoso. Ecco perché abbiamo visto solamente qualche piccolo e riluttante passo nel trattare il problema. Al momento, il capitalismo sta addirittura trascurando le tecnologie di combustione fossile avanzate che possono aumentare l’efficienza con cui l’elettricità viene generata dai combustibili fossili. Le tecnologie come la combustione a getto liquido (fluidized bed combustion), le turbine a gas, il ciclo combinato di gassificazione del carbone ecc, causano il 17-40% in meno di emissioni di gas serra. Sono state introdotte soltanto dalle nazioni OECD e non dalle altre nazioni in via di industrializzazione, come per esempio la Cina, dove l’uso del carbone è destinato a crescere rapidamente.

I meriti delle fonti di energia rinnovabili

Molti scienziati hanno enfatizzato la necessità di sostituire l’uso dei combustibili fossili con l’uso di fonti rinnovabili di energia, come la forza del vento, la forza delle onde e i dispositivi fotovoltaici. Anche la necessità del consenso globale come una base per sostenere tutto ciò è sottolineata da questi scienziati, benché siano pessimisti riguardo alla sua realizzazione.

I vantaggi di queste fonti rinnovabili furono riassunte in un Rapporto della Fondazione Ford come segue:

L’Energia Solare Diretta. Diversamente da tutte le altre forme di energia disponibili agli esseri umani in grandi quantità, la radiazione solare è pura energia che non è associata a del materiale. Di conseguenza, alcuni tipi di sistemi energetici solari, una volta costruiti, possono mantenere un costante inventario di vantaggi e materiali, non rilasciando nulla eccetto che energia utile e residua allo stesso saggio come la radiazione solare assorbita. Per esempio, le celle elettriche solari funzionanti convertono parte dell’inerente radiazione solare direttamente in energia elettrica e irradiano, riflettono o rilasciano il resto. Il processo non produce alcun materiale di scarto che deve essere accumulato o rilasciato nell’ambiente . . . In contrasto, l’uso dei combustibili fossili o di qualsiasi tipo di energia nucleare richiede l’aggiunta di massa (combustibile) a un sistema di approvvigionamento energetico e per di più l’accumulazione di crescenti riserve di prodotti di scarto (come le ceneri, lo zolfo, l’anidride carbonica, o gli isotopi radioattivi) all’interno del sistema o il loro rilascio nell’ambiente.

I meriti delle tecnologie basate sul sole e il bisogno di cooperazione mondiale nell’occuparsi dei problemi dell’approvvigionamento energetico sono stati sottolineati anche da Janet Ramage nel suo lavoro L’Energia – Un’Introduzione. Nella sua visione, la sfida delle tecniche solari è quella di utilizzare l’energia che il sole trasmette alla terra a un saggio uguale a quasi 20.000 volte il suo consumo energetico primario e che questa sfida si presenta come una tecnica per la raccolta e la conversione. Supponendo tale soluzione tecnica come un risultato della cooperazione su una scala mondiale lei afferma:

Che ne direste di una rete elettrica mondiale? Potrebbe usare cavi super conduttori sotterranei e in fondo all’oceano, e l’energia arriverebbe da poderi solari nei maggiori deserti del mondo, da impianti di Conversione Elettrica Termica Oceanica nelle acque tropicali, e da stazioni che sfruttano la forza delle onde e da dispiegamenti di turbine che sfruttano la forza del vento in regioni remote. Niente inquinamento atmosferico, niente rifiuti radioattivi, niente uso di preziosa terra agricola o di preziosa acqua. Non ci sono probabilmente problemi tecnici insuperabili. C’è soltanto una questione. Come ci possiamo arrivare dalla situazione attuale?

L’urgente bisogno di cooperazione mondiale

Questa questione vitale riguarda essenzialmente le ragioni per le quali l’esistente sistema capitalistico mondiale non può adottare le possibilità tecniche che adesso esistono per l’istituzione di un sistema energetico mondiale sicuro e adeguato. Questa questione inoltre ci tira fuori dalla sfera della scienza e della tecnologia applicate e inevitabilmente ci porta dentro la sfera dell’economia e della politica mondiali.

Il bisogno urgente di cooperazione mondiale nel trattare i problemi dell’approvvigionamento energetico mondiale non può essere realizzato all’interno delle relazioni produttive sociali e dell’esistente struttura economica e militare attraverso la quale queste operano. Incessante società capitalistica mondiale significa inevitabilmente che il mondo rimarrà puntellato come un campo armato e le divisioni rimarranno quelle degli interessi economici nazionali in competizione. L’organizzazione della società mondiale rimarrà soggetta alle strategie economiche e militari nazionali che esprimono i prevalenti interessi delle classi capitaliste nazionali. Nel campo dell’approvvigionamento energetico, come in ogni altro campo, tali risorse, capacità e metodi di produzione che sono adottati saranno determinati dagli imperativi economici del sistema del mercato o in armonia con le esistenti strategie economiche o militari nazionali.

È assolutamente impossibile sotto il capitalismo per l’umanità usare le risorse della terra a beneficio di tutta la gente, ed è ugualmente impossibile per essa schierare la conoscenza accumulata, le capacità e le tecniche di produzione che ora esistono in un diretto rapporto con i bisogni umani su una base di cooperazione universale.

Eppure non c’è di fatto nessuna barriera presentata da alcune presunte incapacità delle persone di cooperare nei loro reciproci interessi. Al contrario, questa abilità di cooperare è universale. Ciò che è necessario è che questa inerente abilità di cooperare sia mobilitata politicamente come un movimento mondiale che agisca indipendentemente dalle esistenti strutture di potere economiche, politiche e militari.

Questo movimento esiste già come il movimento per il socialismo mondiale. Sarebbe molto importante che coloro i quali vedono la necessità della cooperazione mondiale nel trattare i problemi che tutta l’umanità si trova di fronte si unissero alle sue file per aumentare la sua voce di buon senso e quindi per contribuire al lavoro di preparazione dei programmi pratici di azione che potrebbero essere implementati una volta che l’obiettivo politico socialista venisse raggiunto. Questo obiettivo politico è quello di ottenere democraticamente il controllo politico con lo scopo di prendere i mezzi di produzione e le risorse della terra dalle mani della classe capitalista del mondo e metterli a libera disposizione dell’intera comunità del mondo.

L’istituzione di un sistema energetico mondiale sicuro

Come potrebbe il socialismo mondiale prendersi cura del lavoro per istituire un sistema energetico mondiale che sarebbe adeguato per i bisogni materiali della comunità mondiale, ma che potrebbe anche funzionare all’interno dei sistemi naturali dell’ambiente in un modo non distruttivo?

Due fattori devono essere accettati. Il primo, che l’ammontare complessivo della fornitura energetica richiesta nel socialismo come parte della sua strategia generale di sviluppo produttivo sarebbe immenso, discutibilmente più grande dell’ammontare che il capitalismo generalmente produce.

Ci sarebbero certamente grandi risparmi e un più efficiente uso delle forniture energetiche disponibili confrontato con ciò che succede oggi sotto il capitalismo. Studi effettuati negli anni 1970 dimostrarono che più di un mezzo del consumo energetico giornaliero è sprecato a causa di perdite indotte dalla tecnologia e dalla negligenza umana.

Il socialismo non avrebbe difficoltà nell’adottare le varie tecniche di conservazione che sono ben conosciute. Inoltre, sotto il capitalismo, un vasto ammontare di energia alimenta le macchine militari del mondo e la sua produzione di armamenti, e queste quantità diventerebbero disponibili per i bisogni umani. Il modello anarchico del commercio capitalistico coinvolge più spreco di energia, mentre il socialismo sarebbe in grado di razionalizzare la distribuzione mondiale su una base mondiale, regionale e locale.

Attualmente ci sono milioni di occupazioni che possono essere necessarie per il sistema del mercato ma che non sarebbero necessarie in una società organizzata solamente per i bisogni umani. Queste occupazioni sono servite dall’industria energetica, pertanto ciò rappresenta quantità ulteriori di energia che potrebbero diventare disponibili per l’utile consumazione.

Ma nonostante questi risparmi, può anche essere discusso che la strategia dello sviluppo produttivo, che sarebbe necessaria nel socialismo per istituire una struttura di produzione adeguata per i bisogni, richiederebbe inizialmente una fornitura energetica ampiamente aumentata, come per esempio nel caso della necessità di risolvere il problema mondiale dell’alloggiamento, anche se un livello stabile fosse alla fine raggiunto.

In secondo luogo, il socialismo mondiale dovrebbe cominciare con la struttura dell’approvvigionamento energetico che ha catturato. Potrebbe non smantellarla immediatamente e questo significa che alcuni metodi di produzione che possono essere considerati indesiderabili dovrebbero essere usati per un periodo di tempo. Possiamo prevedere che il socialismo mondiale si troverebbe a dover iniziare il lavoro di adattamento del sistema esistente, eliminando gradualmente le sue caratteristiche indesiderabili e allo stesso tempo espandendo la struttura usando i metodi che sono stati democraticamente concordati.

In questo lavoro il socialismo sarebbe in grado di usare il pianeta come una singola risorsa posseduta in comune da tutta la gente. Questo significa che il socialismo sarebbe in grado di usare i vari vantaggi geografici che possono esistere in qualche ubicazione come parte di un sistema energetico mondiale integrato.

Senza anticipare delle decisioni finali che sarebbero prese riguardo alle particolari tecnologie o combinazioni di tecnologie che sarebbero adattate e sviluppate nel socialismo, vale la pena notare che le varie tecnologie basate sul sole che al momento appaiono di per se stesse desiderabili ad alcune sezioni della comunità scientifica sarebbero molto adeguate per il socialismo.

La rimozione delle barriere economiche

Un punto da enfatizzare, riguardo a qualsiasi tecnica che può essere sviluppata, è che il socialismo non sarebbe obbligato dall’economia della competizione di mercato a usare metodi che rappresentino le quantità minori di lavoro nella loro produzione. Né potrebbe lo sviluppo delle armi recitare una qualsiasi possibile parte nel determinare la tecnologia adottata.

Benché le tecnologie basate sul sole, attualmente, non si presentino come i metodi di produzione di energia più efficienti dal punto di vista del lavoro in relazione alla produzione di energia, ciò non sarebbe una barriera per il loro sviluppo nel socialismo, nelle circostanze in cui fossero giudicate essere i metodi più socialmente desiderabili.

Inoltre, date le risorse che il socialismo sarebbe in grado di applicare liberamente alla ricerca e allo sviluppo delle tecnologie basate sul sole esse devono mantenere la promessa di essere tecniche appropriate per una ragione importante, che può aggiungersi al fatto che sono sicure dal punto di vista ambientale. È evidente che nelle sue varie forme come la forza del vento, dell’onda e della luce solare diretta, l’energia solare sia disponibile al pianeta in vaste quantità come parte di un sistema naturale autoperpetuante che non richiede alcun combustibile materiale. Il problema delle tecnologie solari è quello dell’effettiva raccolta e conversione in forme usabili di energia come l’elettricità.

Quello che ciò potrebbe significare in pratica è che una volta che lo sforzo sociale necessario per collocare la rete delle installazioni necessaria per un sistema energetico mondiale integrato basato sul sole è stato intrapreso, questo sistema sarebbe disponibile per la raccolta e la conversione permanente, richiedendo solamente manutenzione di routine. Ciò guarda avanti in una maniera molto pratica verso una posizione della società per mezzo della quale il problema dell’approvvigionamento energetico potrebbe essere risolto su una base permanente. Potrebbe operare con un sistema durevole di installazioni universali che non richiedono materiali aggiuntivi a eccezione di quelli necessari per la manutenzione di routine.

Inoltre, le tecnologie basate sul sole possono essere altamente adattabili nella scala del loro uso. Possono includere quello che Janet Ramage ha previsto come una singola rete universale fornita con l’elettricità generata da grandi e permanenti stazioni energetiche in differenti ubicazioni mondiali. Ma le tecniche solari possono anche essere usate su una piccola scala con dispositivi collocati localmente dedicati a funzioni locali specializzate.

Queste possono essere singole installazioni che forniscono calore o elettricità per singole case, fabbriche od officine. Dovrebbe essere sottolineato inoltre che le possibilità tecniche sono più ampie di quelle che sono state menzionate. Ci sono immense possibilità offerte dalle tecniche geotermiche. Nel guardare al di fuori delle fonti solari; possiamo ricordare che sotto i nostri piedi esiste un nucleo di calore fuso che potrebbe essere sfruttato come già viene fatto in Islanda e in altri luoghi.

Alla fine, la più grande risorsa produttiva dell’umanità giace nei geni innovativi della nostra specie. Il problema essenziale consiste nel come istituire una società in cui questi geni possano trovare la sua più piena espressione direttamente per i bisogni umani, e nel rispondere alla questione del perché questa ricchezza d’ingegno rimane così costretta all’interno delle esistenti strutture economiche, militari e politiche nazionali.

La fissione nucleare è un modo del tutto incurante di generare vapore per far girare le turbine. Anche se le stazioni di energia nucleare fossero sicure quanto sono ufficialmente reclamate di essere, rappresenterebbero ancora una minaccia per la biosfera visto che qualsiasi aumento nel livello di radioattività è pericoloso per il ruolo che gioca nel provocare mutazioni.

Tali mutazioni sono già operate dalla normale radiazione di sfondo, proveniente dalle rocce della Terra e dallo spazio, ma è molto raro che tali mutazioni siano favorevoli; è molto più probabile che siano sfavorevoli per l’organismo affetto. Qualsiasi aumento nel livello della radioattività oltre il suo livello naturale è legato anche all’aumento del numero delle mutazioni e perciò al numero di quelle sfavorevoli. Le generazioni future considereranno giustamente la decisione di utilizzare l’energia nucleare su una scala allargata per la generazione dell’elettricità e tanto più per scopi militari, come un atto di follia, proprio come dall'inizio si sapeva giustamente che non c’era una soluzione soddisfacente al problema del deposito dello scarto radioattivo che inevitabilmente risulta dal processo. Buttare questo nel mare o sotterrarlo significa soltanto inquinare una parte della biosfera per le generazioni che devono venire.

Le fonti alternative

Esistono, tuttavia, alternative ecologicamente meno dannose per generare l’elettricità. Le turbine possono essere fatte girare dall’acqua, dal vento e dalla forza della marea o dal vapore innalzato dal calore dei raggi del sole. Questi non sono soltanto modi puliti di generare l’elettricità – non inquinano la biosfera – ma hanno il vantaggio aggiuntivo di essere basate su processi naturali rinnovabili.

Attualmente, le fonti di energia rinnovabili maggiormente usate sono l’energia idroelettrica e la biomassa. Può anche essere possibile rendere la combustione dei combustibili fossili meno intrusivi dal punto di vista ambientale. L’eventuale scelta deve essere lasciata alla maggioranza per decidere dopo una piena considerazione dei fatti.

Fonti:
(1) The Guardian 18/09/1996 - The Other Energy Crisis
(2) World Socialist – Inverno 1986/7

(Traduzione da www.worldsocialism.org)

domenica 23 gennaio 2011

Il capitalismo e altri giochi da bambini

Il film, prodotto dal Movimento Socialista Mondiale nel 2005, cerca di spiegare in modo razionale e non ideologico il modo in cui viviamo oggi e suggerisce una possibile alternativa. Sottotitoli in italiano a cura di Gian Maria Freddi (traduzione) e Claudio M. (inserimento).












domenica 16 gennaio 2011

C'è un'alternativa

Il mondo è ricco di materie prime, di tecnologie, di conoscenze e di capacità umane, al punto che se il mondo fosse organizzato in un modo differente, tutti potrebbero godersi una vita soddisfacente in assenza di povertà.

Perché non riorganizziamo la società in modo da ottenere i benefici di questi progressi scientifici? Perché tutti i governi (che la gente mette al potere) cercano soluzioni all’interno della struttura del sistema sociale basato sul denaro, sulle retribuzioni e sulla compravendita.

La storia ci mostra che il capitalismo fu istituito da una minoranza di persone (i proprietari del capitale) per dirigere nell’interesse di quella minoranza. Se tutti avessimo abbastanza capitale, non saremmo obbligati a diventare schiavi salariati – quindi chi farebbe tutto il lavoro?

Pertanto, se non c’è profitto, non c’è produzione e non c’è nessuna disponibilità. Questo è il modo in cui il sistema attuale funziona! Se non puoi permetterti qualcosa, devi farne a meno.

Alcune persone (siccome sono state stimolate a pensare solo in termini di denaro, retribuzioni e compravendita) rifiuteranno sicuramente qualsiasi alternativa etichettandola come un sogno remoto. Altre sosterranno che la natura umana la renderebbe impossibile.

È essenziale che si capisca e si creda nella capacità della gente di cambiare, altrimenti si finisce per abbandonare qualsiasi possibilità di un cambiamento serio nella società.

L’alternativa è il mondo che appartiene a tutta la sua gente, producendo le cose di cui abbiamo bisogno per vivere e goderci la vita. Soddisfacendo direttamente i bisogni della gente! Ciò significa niente denaro, retribuzioni e compravendita.

Perché dovremmo riacquistare quello che abbiamo prodotto collettivamente?

Questo antiquato sistema di razionamento deve sparire. C’è un mondo di abbondanza per cui lavorare. Il lavoro sarebbe cooperativamente organizzato su basi volontarie. Tutti avrebbero libero accesso a ciò di cui hanno bisogno, e avrebbero un’equa voce e voto in decisioni che influirebbero sulla loro vita.


L’Avvento e il Declino del Denaro

Molte persone pensano che il denaro sia sempre esistito e perciò che esisterà per sempre. Sbagliato.

Gli esseri umani hanno vissuto su questo pianeta per centinaia di migliaia di anni senza usare il denaro. Quando erano affamati, mangiavano. Quando erano assetati, bevevano. Qualsiasi cosa che era disponibile per chiunque era disponibile per tutti.

Non era il paradiso, perché il cibo era scarso, e le comunità in crescita erano alla fine obbligate dalla scarsità a competere per vivere.

In primo luogo avvenne l’invenzione dell’agricoltura, e la conseguente necessità di difendere la terra, o proprietà, su cui i raccolti venivano coltivati.

Benché questo diede alle comunità più stabilità e crescita, l’agricoltura e l’allevamento di animali non potevano da soli fornire tutto quello di cui avevano bisogno per svilupparsi come culture. Perciò avevano la necessità di associarsi con altre comunità e di ottenere le loro risorse. Ma nella nuova cultura della proprietà non ci fu mai più la libertà di prendere qualsiasi cosa che era disponibile.

E quindi iniziò lo scambio di prodotti conosciuto come commercio. E benché alcune società piuttosto avanzate dell’età del bronzo riuscissero a commerciare molto bene usando il baratto (per es. gli egiziani), era un modo estremamente scomodo di eseguire le transazioni. Con l’avvento dell’Età del Ferro, per la prima volta del metallo economico fu abbondante, e il conio fu lentamente introdotto per facilitare il commercio.

La civiltà è da allora cresciuta sulla schiena di questo commercio, la cui sofisticazione fu resa possibile dall’invenzione del denaro. Per le menti moderne quindi, la civiltà poggia sul denaro. Questo è un fraintendimento. Infatti è solo il commercio che poggia sul denaro. La civiltà poggia sicuramente sulla distribuzione di beni materiali, ma la distribuzione e il commercio non sono la stessa cosa, proprio come il dare e il vendere.

Le moderne società industriali ci hanno dato i mezzi per liberarci per sempre da quella scarsità che ha sempre incalzato i nostri antenati. Il denaro non è più una caratteristica necessaria o logica della società, e solo una piccola minoranza trae benefici dalla sua presenza.

Nella storia molte cose sono diventate antiquate, come il motore a vapore e le penne d’oca.

Il denaro sta per unirsi a loro.

(Traduzione di un volantino del partito inglese del MSM)

giovedì 6 gennaio 2011

Il capitalismo e la qualità della vita

Il capitalismo è una società in cui quasi tutte le cose che gli esseri umani necessitano o vogliono sono articoli di commercio, cose fatte per essere comprate e vendute. Questa non è una definizione completa dato che sotto il capitalismo una cosa in particolare diventa una merce – la capacità umana di lavorare e creare cose, ciò che Marx chiamava “forza lavoro” – e ciò è di fatto la caratteristica di definizione del capitalismo. Esso è una società delle merci in cui la forza-lavoro è una merce.

Ciò ha due conseguenze. La prima è che non c’è semplicemente produzione per la vendita ma produzione per il profitto. E in secondo luogo, per la maggior parte le cose che gli esseri umani necessitano o vogliono tendono a diventare merci, cioè devono essere acquistate. Non è difficile vedere il perché. Il sistema delle retribuzioni significa che la maggior parte della gente è dipendente, per soddisfare i loro bisogni, dal denaro con cui sono pagati per la vendita dell’unica merce vendibile che possiedono (la loro forza lavoro), denaro che poi usano per comprare ciò che devono avere per vivere. Così la “mercificazione” della forza lavoro significa la mercificazione del cibo, dei vestiti, dell’alloggio, e di altro, anche di esigenze meno materiali.

Una delle cose che l’espansione del capitalismo ha significato, in termini concreti, è stata l’espansione delle relazioni denaro-merce. È un processo che sta ancora continuando in alcune parti del mondo e di cui anche gli economisti convenzionali ne parlano favorevolmente come integrante in passato dei coltivatori in gran parte autosufficienti per i mezzi di sussistenza in Asia, Africa e America Latina nell’”economia del denaro”.

Quello di cui stiamo parlando qui è la mercificazione dei bisogni materiali della gente. Alcune persone potrebbero non trovare ciò discutibile. Qualcuno perfino la trova uno sviluppo progressistico, addirittura di liberazione. Di fatto questa è una delle difese tipiche del capitalismo – che l’economia del denaro dà alla gente la libertà di scegliere che cosa consumare per mezzo di come spendono il loro denaro e che questo è il modo più efficiente di organizzare la soddisfazione dei bisogni e delle esigenze materiali della gente. Certamente questo non è vero, poiché parte dal presupposto che l’economia risponda alla domanda dei consumatori, laddove in realtà risponde ai cambiamenti nel saggio di profitto, mentre la maggior parte della “domanda” della gente è limitata dalla grandezza della loro busta paga o assegno salariale.

Che il capitalismo non sia il modo più efficiente di provvedere ai bisogni materiali della gente – e che il socialismo come un sistema di proprietà comune, di controllo democratico e di produzione soltanto per l’uso farebbe questo molto meglio – è la tradizionale causa socialista contro il capitalismo. E mantiene tutta la sua validità. Ma, dopo l’ultima Guerra Mondiale, il capitalismo degli anni 1950 e 1960 in Nord America e in Europa Occidentale sembrava essere all’altezza della sua promessa della prosperità materiale per la maggior parte della gente attraverso l’emersione della cosiddetta “società dei consumi”. Ma poi un’altra, differente critica del capitalismo è apparsa: che mentre poteva aver risolto più o meno adeguatamente il problema del “pane”, dell’esigenza materiale pressante, per la maggior parte della gente in queste parti del mondo, non aveva ancora creato una società soddisfacente.

Cominciarono ad apparire libri in America con titoli come The Lonely Crowd [La Folla Triste], The Organization Man [l’Uomo dell’Organizzazione], The Hidden Persuaders [Il Persuasore Occulto], The Waste Makers [I Creatori di Spreco], One-Dimensional Man [l’Uomo Superficiale], tutti critici di vari aspetti della “società dei consumi” come una società in cui la gente era incoraggiata a considerare l’acquisizione di sempre più beni di consumo come lo scopo principale nella vita. In Europa, tale criticismo intraprese una più esplicita forma anticapitalista. In Francia i libri critici partorirono titoli come Una Critica della Vita di Ogni Giorno e della Società dello Spettacolo. L’argomento era che nella “società dei consumi” (chiamata invece, più accuratamente, “società delle merci”) la logica di acquistare qualcosa da consumare passivamente si era diffusa dall’acquisto dei beni materiali ad altri aspetti della vita di ogni giorno – a come le persone spendevano il loro tempo libero e a come esse si relazionavano reciprocamente.

Questo tipo di criticismo aggiunse un’altra dimensione alla causa socialista contro il capitalismo: che esso non solo ha fallito nell’organizzare la soddisfazione dei bisogni materiali in modo appropriato ma che ha anche degradato – disumanizzato – la “qualità della vita”.

Non è chiaro a chi il credito per lo sviluppo di questo “criticismo culturale” del capitalismo dovrebbe andare. La Scuola di Marxismo di Francoforte (Fromm, Marcuse e altri), i situazionisti, perfino i giornalisti radicali in America come Vance Packard, sarebbero tra i candidati. In ogni caso stavano tutti lavorando sulle base del fatto osservabile dell’effetto degradante che il capitalismo stava avendo sulla qualità della vita di ogni giorno diffondendo i valori commerciali sempre più estesamente.

È un criticismo potente del capitalismo. Forse perfino in questi giorni, in questa parte del mondo, un criticismo più potente di quello socialista tradizionale che il capitalismo procura povertà materiale alla maggior parte della gente. Senza dubbio, su scala mondiale, ci sono centinaia di milioni di persone in terribile povertà materiale. E ci sono alcuni milioni di persone in questo paese – intorno al 15 percento della popolazione – che sono materialmente private. Ma non possiamo dire questo della maggioranza della popolazione qui. La maggior parte della gente in Gran Bretagna [come in Italia, ndr] non ha problemi riguardo all’avere tre pasti al giorno, vestiti decenti, riscaldamento, non deve andare dai prestatori su pegno o a vivere in locali assediati da insetti. Di fatto, la mercificazione delle “esigenze della mente” è basata sul fatto che la maggior parte della gente abbia denaro da spendere per soddisfate le esigenze che stanno al di sopra di quelle dello “stomaco”. Se le persone non avessero questo potere d’acquisto discrezionale dopo aver soddisfatto i loro bisogni materiali, allora non ci sarebbe alcun mercato riguardante i prodotti culturali e d’intrattenimento per il capitalismo da stimolare, manipolare e sfruttare. (Per quanto riguarda il perché le persone hanno questo denaro “extra” da spendere nell’intrattenimento, avrà qualcosa a che fare con l’aumentata intensità e l’aumentato stress al lavoro che richiede più rilassamento – più evasione dalla realtà – per le persone per ricreare la loro particolare capacità di lavorare.)

Il criticismo della “società dei consumi” non ha riguardato solo il fatto che ha rappresentato l’invasione e la colonizzazione di ogni aspetto della vita sociale da parte delle relazioni denaro-merce, ma che ha anche incoraggiato il consumo passivo piuttosto che la partecipazione attiva. C’è moltissima fondatezza in questo punto – che la “società dei consumi” è una dove, qualche volta letteralmente, le persone siedono su poltrone guardando lo spettacolo di passaggio previsto per loro. Questa è una critica della mancanza di partecipazione delle persone che sta foggiando le loro vite, una mancanza che era anche riflessa politicamente dove la “democrazia” è concepita come soltanto lo scegliere ogni quattro o cinque anni fra aspiranti élite rivaleggianti (usando di fatto tecniche di marketing per attrarre appoggio). Le persone invece di creare il proprio sport o il proprio intrattenimento – o la propria politica – li consumano come una merce preconfezionata.

Ci deve essere qualcosa di sbagliato in una società in cui le persone invece di vivere le proprie vite e interagire con i loro vicini di casa in un modo umano, siedono di fronte a uno schermo guardando attori che realizzano scene artificiali basate sulle esagerazioni della vita di ogni giorno e si identificano con i personaggi fittizi di questi programmi. E in cui i giornali più ampiamente letti non discutono degli eventi reali tanto quanto quelli artificiali ritratti in questi programmi e le vite e gli amori degli attori più importanti che vi recitano – come pure quelli di altre cosiddette “celebrità” del mondo dello sport e dell’intrattenimento.

Finché esisterà il capitalismo, la qualità della vita continuerà a declinare. Non c’è niente che possa essere fatto per fermare questa tendenza nel contesto del capitalismo poiché è causato dal capitalismo, che rappresenta, per quello che fa, gli effetti dissolventi sulla società dell’espansione delle relazioni denaro-merce in tutti gli aspetti della vita. Così, nonostante il lento, ma innegabile aumento nei livelli di vita materiali in certe parti del mondo la causa per il socialismo come una società non-commerciale in cui il benessere umano e i valori umani saranno il principio guida mantiene tutta la sua rilevanza. Con la proprietà comune dei mezzi di vita, ci potrebbe essere e ci sarebbe produzione direttamente per soddisfare i bisogni e le esigenze umane e non per la vendita con lo scopo del profitto – la morte della merce, la fine di ciò che William Morris chiamava “società commerciale” – e una comunità senza classi con un genuino interesse comune in cui gli esseri umani possano relazionarsi l’un l’altro come esseri umani e non come atomi sociali che si scontrano reciprocamente sul mercato come compratori e venditori di merce.

(Traduzione da Socialist Standard, gennaio 2006)