giovedì 12 agosto 2010

Il socialismo va contro la natura umana?

Quanto spesso sentiamo dire “È la natura umana”? E generalmente di un tratto antisociale del comportamento, come se non potesse essere evitato? Curiosamente, non si sente spesso dire delle cose migliori che la gente può fare. Nel sentire che qualcuno ha rischiato la sua vita nel salvare un altro, per qualche ragione non siamo portati a dire “Sì, è la natura umana”.
Prevalentemente, l’idea della “natura umana” è un riflesso di una società divisiva che è incapace di creare una vita decente per tutti i suoi membri. Questo fallimento è quindi razionalizzato come una visione pessimistica per la quale tutte le persone (soprattutto le altre persone) sono inerentemente egoiste, ingorde e pigre. Questa visione è stata usata come un’obiezione al socialismo, nella quale tutti gli esempi cattivi del comportamento umano sotto il capitalismo sono utilizzati per sostenere che una società basata sull’uguaglianza e la cooperazione volontaria è impossibile.

Non siamo programmati geneticamente

Questo pregiudizio è anche rinforzato da argomenti che asseriscono che il nostro comportamento e le nostre relazioni risultano dal modo in cui siamo biologicamente o geneticamente programmati. Questi argomenti puntano sulla competizione, sul comando, sull’essere possessivo, sull’aggressione, sull’ineguaglianza sociale e sessuale e su un presunto impulso a essere territoriali ma, ancora, tutti questi sono modelli di comportamento che riflettono il capitalismo.
L’arrivo del capitalismo è un fenomeno relativamente recente nella storia umana, il novanta per cento di essa è stata spesa vivendo come raccoglitori/cacciatori, in piccole tribù che si muovevano da luogo a luogo. Ciò finì con il sorgere dell’agricoltura stabile circa dieci mila anni fa e seguirono una varietà di forme differenti di organizzazione sociale nelle diverse parti del mondo. Se le nostre sistemazioni sociali fossero determinate dalla nostra biologia, allora questa diversità di comportamenti, di relazioni e di cultura umani non sarebbero mai sorte.
La reale prova scientifica mostra che gli umani sono in grado di adattarsi per far fronte alle sfide presentate dall’ambiente naturale e sociale in cui si sono trovati a vivere. La dimostrazione proveniente dal progetto ora completato del genoma umano sostiene il punto di vista dell'adattabilità degli esseri umani. Il dott. Craig Venter, Presidente e capo ufficio scientifico del Celera Geonomics (l’azienda privata che vuole brevettare i geni per profitto e quindi non qualcuno che può essere sospettato di inclinazioni anticapitaliste o prosocialiste) dichiarò in un comunicato stampa ufficiale distribuito dalla rivista Science che pubblicò i risultati della sua azienda nella sua pubblicazione del 16 febbraio 2002:
“Ci sono molte sorprese da questo primo sguardo al nostro codice genetico che hanno importanti implicazioni per l’umanità. Dall’annuncio del 26 giugno del 2000 la nostra conoscenza del genoma umano è cambiata nelle parti più fondamentali. Il piccolo numero di geni – 30.000 invece di 140.000 – sostenevano il concetto che non siamo rigidamente cablati. Ora sappiamo che il concetto secondo cui un gene porta a una proteina e forse a una malattia è falso. Un gene porta a molti prodotti differenti e quei prodotti-proteine possono cambiare drammaticamente dopo che sono stati prodotti. Sappiamo che le regioni del genoma che non sono geni possono essere la chiave della complessità che vediamo negli umani. Ora sappiamo che l’ambiente agendo secondo questi passi biologici può essere fondamentale nel fare noi quello che siamo. Nello stesso modo l’insolitamente piccolo numero di variazioni genetiche che avvengono nei geni di nuovo suggeriscono un ruolo significativo delle influenze dell’ambiente nello sviluppo di ogni nostra unicità.”

La produzione di strumenti, il linguaggio e il pensiero

Mentre la natura genetica degli esseri umani lascia molta libertà d’azione per la variazione nel comportamento, ci sono certe caratteristiche che tutti condividiamo e che ci distinguono dalle altre specie. Queste includono l’abilità di camminare eretti, la visione a colori binoculare, le mani con pollici opponibili, organi capaci di parola, e l’abilità di pensare concettualmente. Queste caratteristiche fisiche hanno portato alla versatilità della specie umana come personificata nel loro lavoro ma anche al comportamento sociale come l’accumulazione di esperienze condivise che possono essere trasmesse attraverso le generazioni. Lo sviluppo di strumenti, dalla tecnica della lavorazione della selce durante il periodo paleolitico ai computer e ai veicoli spaziali di oggi, è fondamentale per la comprensione della storia umana.
Può essere stato che questa tradizione della produzione di strumenti abbia giocato un ruolo fondamentale nello sviluppo della consapevolezza umana. Gli strumenti fatti dall’iniziale genere umano oggettivarono l’esistenza dei creatori degli strumenti e in contemplazione di ciò essi diventarono consci delle proprie esistenze. Questo riflesso delle loro vite nelle loro creazioni possono aver condotto a un’elevata consapevolezza di sé e a una capacità di pensare in un periodo di tempo esteso fatto di passato, presente e futuro. Il linguaggio poté poi svilupparsi dai riferimenti di base agli oggetti materiali ai più alti livelli di pensiero astratto che espressero uno sviluppo, la visione più complessa del loro mondo. Ciò avvenne proprio quando quella umanità creò idee e cultura, diventando meno istintiva e più decisionale. Attraverso l’interazione dinamica tra le caratteristiche umane e l’ambiente che era essenzialmente il processo lavorativo, gli esseri umani non solo modificarono le loro condizioni di vita, ma cambiarono anche loro stessi. Ciò che questo richiese non fu una serie invariabile di modelli comportamentali programmati dalla codificazione genetica, ma adattabilità.

Siamo predisposti alla cooperazione

Ma nulla di questo sarebbe stato possibile senza la cooperazione. Sebbene non possiamo dire che la cooperazione sia programmata nei nostri geni, essa è certamente predisposta dalla nostra composizione fisica. Il punto di vista che la cooperazione fosse essenziale alla sopravvivenza e allo sviluppo della società umana è stato recentemente sostenuto dal lavoro dell’antropologo Andrew Whiten. Egli sostiene che l’egualitarismo, la condivisione e la mancanza di dominazione furono le caratteristiche più rilevanti nelle società dei raccoglitori/cacciatori.
Per mezzo della cooperazione con gli altri attraverso una divisione del lavoro incrementiamo di molto quello che può essere prodotto per il nostro reciproco beneficio. Oltre a questi benefici materiali, la cooperazione ci permette di svilupparci come individui. La nostra individualità cresce e trova la sua espressione in relazione con gli altri e ciò sarebbe impossibile nell’isolamento sociale. In questo processo di crescita individuale attingiamo non solo nei rapporti personali, attingiamo nella società in generale e anche nelle vite di quelli che hanno vissuto nel passato. La cooperazione a volte è ritenuta impossibile perché vi è un conflitto inerente tra l’interesse personale e gli interessi degli altri. In realtà, è vero il contrario. Gli interessi dell’individuo sono realizzati nel modo migliore quando le persone lavorano insieme.

(Traduzione da www.worldsocialism.org)

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