lunedì 13 maggio 2019

Al diavolo il debito, viva la rivoluzione!


Di recente ho scritto sul Socialist Standard, organo mensile del Partito Socialista della Gran Bretagna, un articolo sulla disputa tra governo e Unione Europea sul budget. Tra le altre cose, affrontavo superficialmente l’argomento del debito pubblico. Nell’articolo già chiarivo brevemente, se ce ne fosse stato bisogno, quale fosse la differenza tra deficit e debito dello Stato. La discussione come è noto era sul deficit, ovvero il piano di spesa pubblica rapportato al Prodotto Interno Lordo (PIL). Gli Stati membri non credevano che il piano proposto dal governo 5 Stelle-Lega fosse in grado di rispettare l’accordo del 2012, noto come Fiscal Compact. Fiscal compact che altro non è che una politica di austerità che in una economia così malandata come quella italiana può determinare un fattore di ulteriore strangolamento economico, in particolare se contemporaneamente non vengono fatte riforme strutturali che favoriscano la realizzazione di profitti e quindi gli investimenti privati. In altre parole, è facile essere austeri quando si ha un PIL alto e in crescita, altro conto in una economia stagnante o in calo. E ancora, il deficit è più facile riscontrarlo in economie con un grande debito pubblico. Questo perché una parte considerevole del budget deve andare a coprire gli interessi delle speculazioni fatte sul debito stesso.


Ma cosa ha determinato in Italia una tale voragine?

Il problema del debito pubblico mi interessava particolarmente anche perché vivendo all’estero e in particolare nel Nord Europa sono spesso esposto a commenti puerili sulla disonestà degli italiani soprattutto per quanto riguarda l’evasione fiscale. Il fatto che il debito dello Stato sia definito “pubblico” tende a far pensare che tutti i cittadini vi abbiano contribuito. Questo giustificherebbe le maldicenze che vogliono accollare la responsabilità del debito a tutti gli italiani.
L’aggettivo “pubblico” in questo caso è però fuorviante. Infatti se si va a analizzare come questo debito si sia generato e sia andato fuori controllo, ci si rende presto conto che la responsabilità va accollata principalmente alla classe dirigente e alle grandi società che ne hanno tratto giovamento. Ciò non toglie che l’evasione fiscale, e quindi le mancate entrate, compongano una parte del debito pubblico.
Il fenomeno dell’evasione fiscale andrebbe analizzato più da vicino. Come descritto da Stefano Manestra nel suo resoconto per la Banca d’Italia intitolato “Questioni di economia e finanza, Per una storia della ‘tax compliance’ in Italia”: “La quota del reddito nazionale non assoggettata a tassazione è scesa dalla metà grossolanamente stimata da Einaudi prima della Grande Guerra a un quarto, secondo i calcoli del Ministero dell’Economia e delle Finanze per il 2006; semmai è l’accresciuta ricchezza del paese ad aver reso oggi il fenomeno più macroscopico in valore assoluto”.
I soggetti economici che evadono maggiormente il fisco sono le piccole imprese e le attività professionali (liberi professionisti come medici, avvocati, ingegneri...). Insomma la piccola e media borghesia. L’Iva è l’imposta con la maggiore percentuale di evasione. La pressione tributaria che è in linea con gli altri paesi se non addirittura più alta, va a ricadere su quelli che il fisco non possono evaderlo o non lo evadono. Inoltre, il peso dell’evasione fiscale da parte dei grandi evasori è ovviamente maggiore del peso dei piccoli evasori i quali possono risparmiare e speculare su tale evasione poco e niente. In Italia è consuetudine anche il fenomeno dell’evasione per necessità. I cosiddetti “poveracci” che evadono il fisco per sopravvivere.
Considerando quindi che l’evasione fiscale è un fenomeno in diminuzione sicuramente dagli anni ‘70 a oggi, e che, al contrario, il debito pubblico è cresciuto a dismisura, si può vedere quanto non si possa meramente attribuire al fenomeno dell’evasione fiscale la costituzione del debito pubblico. Ciò non toglie che i grandi e medi evasori fiscali accollino da anni il peso tributario sulla maggioranza dei lavoratori. Dopo aver ricollocato e contestualizzato il ruolo delle mancate entrate sulla costituzione e aggravamento del debito pubblico, possiamo affrontare le cause che hanno determinato l’esplosione di tal debito negli anni ’70 e ‘80.