Anželika Isaakovna Balabanova nacque a Černigov nell’Impero Russo
(ora Černihiv in Ucraina) in agosto, probabilmente attorno al 1868 [1]. La sua
famiglia, di origine israelitica, era ricca, sicché lei ebbe un’infanzia
privilegiata. Presto si rese conto di non sentirsi a suo agio in quel tipo di
classe sociale abbiente e, con il sostegno finanziario della famiglia ma allo
stesso momento contro il suo volere, si trasferì a Bruxelles per frequentare l’Université
Nouvelle. Lì conobbe figure di spicco della Seconda Internazionale (o
vicine ad essa), come Élisée Reclus, Émile Vandervelde e Georgi Plekhanov.
A Lipsia, dove si trasferì per un breve periodo, conobbe anche Rosa
Luxemburg che divenne il suo modello per gli anni a venire. Quindi si recò a
Berlino dove frequentò lezioni di economia politica e incontrò vari membri di
alto livello del Partito Socialdemocratico Tedesco (SPD), come Clara Zetkin e
August Bebel. Sentì quindi parlare di un professore di filosofia italiano, il
marxista Antonio Labriola, abbastanza noto persino tra gli studenti della SPD. Così
decise di trasferirsi a Roma dove frequentò le lezioni di Labriola e incontrò alcuni
fondatori del Partito Socialista Italiano (PSI): Filippo Turati, Claudio Treves
e la compagna di Turati, anch’ella un’ebrea russa, Anna Kuliscioff. In quel
periodo prese a italianizzare il suo nome divenendo per tutti “Angelica
Balabanoff”.
Con Mussolini
Angelica diventò membro del PSI nel 1900. Il Partito le chiese di recarsi a Losanna per educare gli immigrati italiani al socialismo. Qui incontrò Benito Mussolini. Descrive il loro primo incontro nel suo libro “Il Traditore, Mussolini e la conquista del potere”. Era un derelitto. Non poteva lavorare perché era “malato”. “Non sono bravo in niente, nemmeno a guadagnare un pezzo di pane”, le disse il futuro Duce. Le stava implicitamente chiedendo aiuto per tradurre un opuscolo di Kautsky dal tedesco, in cui era principiante, per guadagnare un po’ di soldi. Per pietà veniva invitato da una parte all’altra a tenere discorsi per pochi franchi presso le riunioni socialiste. Come tutti sappiamo, si rivelò un oratore efficace anche se molto retorico.
In Svizzera la Balabanoff fondò il supplemento femminista “Su
Compagne!” e incontrò i leader menscevichi Martov e Axelrod. Si unì alla League
of Academic Marxists guidata da Chicherin e conobbe Trotsky a Vienna nel
1906. La Balabanoff probabilmente incontrò Lenin per la prima volta a Berna.
Nel 1907 rappresentò gli studenti universitari russi al V Congresso del Partito
Socialdemocratico Russo a Londra. Lo stesso anno partecipò per la prima volta a
un congresso della Seconda Internazionale, il VII, a Stoccarda, dove contribuì principalmente
come traduttrice e conobbe Karl Liebknecht.
Insieme a Giacinto Menotti Serrati, futuro leader del PSI, la
Balabanoff aiutò Mussolini a lasciare la Svizzera e a trovare un buon lavoro a
Trieste, un lavoro che tuttavia questi non riuscì a mantenere a lungo. Angelica
ha raccontato in modo interessante il giorno in cui Mussolini fu nominato
direttore della rivista socialista romagnola “La Lotta di Classe”. Il
direttore precedente voleva rinunciare a questo incarico e lo offrì a Mussolini
che, pensava, fosse un buon socialista considerando le posizioni politiche di
suo padre Alessandro e, soprattutto, perché non aveva impegni di lavoro.
L'inizio della fortuna politica di Mussolini è spesso identificato con il ruolo
che svolse al XIII Congresso del PSI del 1912, quando propose una mozione per
espellere alcuni riformisti di alto livello dal partito. La Balabanoff tende a
minimizzare il suo ruolo. Secondo lei Mussolini ovviamente era per la loro
espulsione, ma fu scelto a proporre la mozione di espulsione solo perché venne sostenuto
dai delegati della sua regione e, soprattutto, per mancanza di altri volontari.
La vittoria degli intransigenti alla guida del PSI spinse il riformista Claudio
Treves a dimettersi dalla redazione dell’organo del Partito l’“Avanti!”.
Anche in questo caso a Mussolini venne offerto l’incarico a causa della
mancanza di altri candidati privi di lavoro e impegni familiari. Quando gli venne
proposta questa posizione era titubante e accettò solo a condizione che Angelica
collaborasse con lui. La Balabanoff descrive Mussolini come un soggetto non
insensibile alla corruzione. Ruppe con lui prima del suo tradimento politico del
1914, a causa del suo comportamento opportunista ed egoista. Alcuni credono che
la Balabanoff e Mussolini avessero avuto anche una relazione sentimentale.
Questo non ci interessa, ma quel che è certo è che Mussolini al culmine del suo
potere ammise che senza l’aiuto della Balabanoff sarebbe rimasto una nullità.
A Zimmerwald
Allo scoppio della Prima Guerra Mondiale nel luglio 1914, la
Balabanoff fu chiamata urgentemente a Bruxelles per un incontro speciale dell’Internazionale.
Propose lo sciopero di massa contro la guerra, mentre Viktor Adler e Jules
Guesde erano contrari all'idea. Fu sostenuta solo dai laburisti indipendenti
Keir Hardie e John Bruce Glasier. Ad agosto incontrò Plekhanov a Ginevra, il
quale sperava di vedere il partito socialista italiano prodigarsi a favore dell’intervento
militare italiano dalla parte della Triplice Intesa (Gran Bretagna, Francia e
Russia). In Italia, ormai sull’orlo dell’intervento, era difficile essere
stranieri. Quando il membro della SPD, il tedesco Albert Südekum, visitò l’Italia
per spingere il PSI a convincere le masse ad intervenire dalla parte austro-germanica,
la Balabanoff fu tacciata di esser filotedesca, sebbene avesse ricordato alla
folla che era stata espulsa dall’Austria nel 1909 e dalla Germania all’inizio
del 1914.
La Balabanoff si trasferì quindi in Svizzera. Nel dicembre del
1914 si recò a Berna dove fu determinante nell’organizzazione della famosa
conferenza socialista di Zimmerwald contro la guerra che ebbe luogo nel
settembre del 1915. Entrò a far parte, in qualità di segretaria, dell'Ufficio Esecutivo
composto inoltre dallo svizzero Grimm, dall’italiano Lazzari (un vecchio massimalista)
e dal romeno Rakovsky. Il manifesto di Zimmerwald, redatto da Trotsky, rispecchiava
lo scontro tra i moderati e la frazione sinistra di Lenin. Gli argomenti
discussi a Zimmerwald furono infatti: l'azione di pace che il proletariato
avrebbe dovuto svolgere, la posizione nei confronti del fallimento della
Seconda Internazionale e la possibile trasformazione della guerra mondiale in
guerra civile rivoluzionaria. La visione moderata prevalse, quindi Zimmerwald
rappresentò principalmente le istanze di pace. Non ripudiò ufficialmente la
Seconda Internazionale, né propose di trasformare la guerra mondiale in guerra
civile.
Con i bolscevichi
La Balabanoff visse a Zurigo fino allo scoppio della Rivoluzione Russa del febbraio del 1917. Come altri rivoluzionari lasciò la Svizzera per raggiungere la Russia su un treno speciale, viaggiando con Martov, Axelrod e Lunacharsky. Delusa dalla rivoluzione di febbraio iniziò ad avvicinarsi ai bolscevichi. In questo periodo frequentò molto spesso Trotsky. Firmò una risoluzione insieme a Trotsky, Kamenev e Riazanov per il boicottaggio definitivo del governo provvisorio russo.
Si recò a Stoccolma per organizzare la terza conferenza del
movimento di Zimmerwald, che ebbe luogo nel settembre del 1917. Ormai il blocco
moderato era scarsamente rappresentato e prevalse la sinistra di Lenin. Dopo la
Rivoluzione d’Ottobre del 1917, Lenin le chiese di rimanere a Stoccolma per
diffondere da lì le notizie sulla Russia, fornendole anche molti fondi per
farlo. In due occasioni la Lega Antibolscevica tentò di assassinarla. Alla fine,
cercò di rientrare a Mosca nel settembre del 1918, perché Lenin era stato
gravemente ferito dal celebre attentato di Fanny Kaplan. Ma a causa dei
combattimenti tra gli eserciti bianchi e l’Armata Rossa al confine finlandese
dovette tornare a Stoccolma. Alla fine, riuscì a rientrare in Russia ad ottobre
e incontrò Lenin che era ancora in convalescenza nella sua casa di campagna.
Presto tornò a viaggiare. Andò a Zurigo dove fu accusata di aver
trasportato cento milioni di franchi per finanziare la rivoluzione in Italia.
Fu quindi espulsa dalla Svizzera, mentre l’Italia chiedeva la sua estradizione
per arrestarla. Tuttavia, alla fine, insieme ad altri bolscevichi, fu estradata
in Germania dove era in corso la rivoluzione del novembre 1918, ma con la
vittoria dell’SPD, questo gruppo di rivoluzionari venne dopo poco rispedito in
Russia. Mentre era a Berlino fu ospite di Adolph Joffe, ambasciatore sovietico
in Germania. Lì incontrò alcuni membri del Partito Socialdemocratico Indipendente
Tedesco per convincerli a seguire i bolscevichi, ma non ebbe successo.
Quando fu fondata la nuova Internazionale, il Comintern, Lenin
nominò Zinoviev presidente e la Balabanoff segretaria. Lenin aveva bisogno di
lei proprio per la sua rete internazionale di connessioni. Ma lei si ritrovò presto
a fare un semplice lavoro amministrativo per il Comintern. Successivamente fu
mandata in Ucraina come Commissaria per gli Affari Esteri, ma nel 1920 i
bolscevichi dovettero lasciare l’Ucraina e così Angelica tornò a Mosca. Ebbe
molti attriti con Zinoviev il quale cercò di sbarazzarsi di lei in vari modi.
Nel giugno di quell’anno arrivò a Mosca una delegazione del PSI
guidata da Serrati, ora Segretario del partito. Il II Congresso del Comintern
si stava svolgendo proprio nel momento in cui Lenin stabilì le condizioni per l’adesione
dei vari partiti esteri; per gli italiani questo avrebbe significato espellere noti
riformisti come Turati e Treves. Serrati era contrario e la Balabanoff si
schierò dalla sua parte. Quando Lenin le chiese di scrivere qualcosa contro
Serrati, lei si rifiutò, dicendogli “Sono più d’accordo con lui che con te”.
La Balabanoff riferisce di un altro esempio del dispotismo di Lenin
durante il IX Congresso del Partito Comunista Russo nel 1921. Alexandra
Kollontai, una Commissaria del Popolo, aveva criticato il Partito per aver
concesso pochissima autonomia alle organizzazioni dei lavoratori; questo fu
sufficiente a Lenin per attaccarla pubblicamente in modo distruttivo.
All'inizio del 1921 i contadini insorsero contro le requisizioni forzate di
cereali e molti furono giustiziati. Poi Kronstadt si sollevò contro il dominio
bolscevico che scatenò una sanguinosa repressione del Soviet locale. Questi
furono gli ultimi eventi che la fecero decidere a lasciare la Russia. Eppure
aveva bisogno del lasciapassare di Lenin per farlo.
Mentre la Balabanoff stava aspettando di poter lasciare la Russia,
arrivò Clara Zetkin. La Zetkin rimase con lei per un po’. Secondo il racconto
della Balabanoff, la Zetkin sembrava piuttosto sensibile alle adulazioni dei
bolscevichi che amava molto. La Zetkin cercò di convincere la Balabanoff a
rimanere in Russia, ma la Balabanoff si rifiutò di fare da traduttrice al III Congresso
del Comintern nel giugno del 1921. Nel dicembre del 1921 le fu infine permesso
di lasciare la Russia. Da quel momento in poi fu un’aperta antibolscevica,
sebbene venne ufficialmente espulsa dal Partito Comunista Russo solo nel 1924.
Antibolscevica
Quando Lenin le aveva chiesto di non andarsene, lei gli aveva risposto che non era d’accordo con i metodi dispotici e demagogici dei bolscevichi. Anni dopo, quando Trotsky era ormai un rifugiato in Messico, lei gli scrisse per esprimergli la sua simpatia e gli ricordò che gli stessi metodi di denigrazione usati contro di lui ora erano stati precedentemente usati proprio da lui contro altri. Trotsky le rispose: “Non menzioniamo il passato; quelli erano tempi diversi. Non roviniamo la nostra amicizia”.
La Balabanoff aveva visto da vicino i bolscevichi ed era convinta
che senza Lenin non ci sarebbe stato Stalin. Spiegò che il regime di Lenin e l’apparato
che lui aveva creato attuarono le condizioni che consentirono a figure come
Stalin di svilupparsi senza inibizioni e senza freni. Infatti, fu il clima instaurato
dal regime sovietico a plasmare e incoraggiare le tendenze criminali del futuro
dittatore.
Dopo aver lasciato la Russia, Angelica rimase in Svezia e poi si
trasferì in Austria dove erano al potere i socialdemocratici di Otto Bauer. Qui
scrisse per l’“Arbeiter-Zeitung”. Nel 1927 si trasferì a Parigi convocata
dal PSI in esilio. Ci si trasferì, ma contro la sua inclinazione, perché al PSI
mancava oramai “la vecchia guardia” massimalista: Serrati era passato ai
comunisti poco prima della sua scomparsa e Lazzari era morto. Al convegno di
Grenoble di gennaio del 1928 fu eletta segretaria del Partito e direttrice dell’“Avanti!”
dalla frazione massimalista ostile a Nenni e alla fusione con i riformisti del
Partito Socialista Unitario all’estero. Si era giunti quindi a un’ennesima
scissione socialista. Successivamente il suo piccolo partito in esilio, il
PSI-m (Partito Socialista Italiano-massimalista), decise di entrare nella coalizione
antifascista, ma la Balabanoff era contro il cosiddetto “Fronte Unito”, a causa
del suo anti-bolscevismo, e non voleva lavorare né con i riformisti né con i
comunisti. Più tardi Trotsky l’avrebbe voluta nella sua Quarta Internazionale
ma alla Balabanoff la cosa sembrava non interessare.
Nel novembre del 1935 ottenne un visto per trasferirsi negli Stati
Uniti, dove si avvicinò al liberalsocialista Gaetano Salvemini. Nel 1938 fu
pubblicata la sua autobiografia “My Life as a Rebel”. Nel 1941 la
fazione massimalista del PSI cessò di esistere e con essa il leggendario organo
l’“Avanti!” (che come testata tornò quindi nelle mani del PSI di Nenni).
Nel 1947 la Balabanoff ritornò in Italia dove fu utilizzata da
Saragat per promuovere il suo Partito Socialista dei Lavoratori Italiani (PSLI),
una nuova organizzazione socialdemocratica che in quel momento sosteneva di
continuare la variegata eredità del PSI di Turati, Costa, Lazzari e Prampolini fondato
nel lontano 1892. Lei vi aderì per via del suo anti-bolscevismo, ma anche
perché credeva, erroneamente, che il PSLI fosse ideologicamente affine ai vecchi
riformisti e massimalisti italiani dei primi del 1900. Così nel 1955 fu
invitata al congresso della ricostituita Internazionale Socialista (ormai in
realtà del tutto socialdemocratica) a Vienna, dove fu acclamata come una leggenda
vivente. Trascorse gran parte del 1957 in Austria e in Svizzera. Si avvicinò infine
a Golda Meir e divenne filoisraeliana. Alla fine, nel 1960, si stabilì
definitivamente a Roma dove morì il 25 novembre 1965.
La Balabanoff fu l'archetipo della rivoluzionaria socialista
democratica. Il suo marxismo era in realtà piuttosto idealista e lei lo viveva
come una fede. Si considerava una missionaria. La sua missione era quella
convertire i lavoratori al marxismo. Con questo in mente si può capire perché
abbia preso a cuore le sorti di Mussolini, aiutando questo ozioso agitatore
anarcosindacalista a diventare una socialista rispettato, o perché si sia
votata al bolscevismo di Lenin per perseguire l’obiettivo rivoluzionario
massimo, ma come, allo stesso tempo, abbia difeso l'integrità della Seconda
Internazionale durante la conferenza di Zimmerwald. Più tardi nella sua vita si
identificò, in modo un po’ nostalgico, con quell’amalgama di posizioni
oscillanti tra l’aperto riformismo e il vago massimalismo che furono tipiche
del primo socialismo italiano, sedicente marxista, degli inizi del XX secolo.
La Balabanoff ebbe il merito di denunciare per esperienza diretta Mussolini (“Il Traditore”) e, soprattutto, Lenin e il bolscevismo (“Impressioni su Lenin”) in un periodo in cui queste critiche erano impopolari o, addirittura, proibite. Vale la pena leggere queste due sue opere e quindi vale la pena ricordarla.
[1] Alcune fonti suggeriscono invece il 1869, il 1877 o,
addirittura, il 1878.
Tratto da Angelica Balabanoff: To Bolshevism and back, Cesco, Socialist Standard dell’Agosto 2018, tradotto e ampliato da Cesco e D.C.
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