martedì 19 maggio 2020

ANGELICA BALABANOFF: UN ITINERARIO VERSO IL BOLSCEVISMO E RITORNO

Anželika Isaakovna Balabanova nacque a Černigov nell’Impero Russo (ora Černihiv in Ucraina) in agosto, probabilmente attorno al 1868 [1]. La sua famiglia, di origine israelitica, era ricca, sicché lei ebbe un’infanzia privilegiata. Presto si rese conto di non sentirsi a suo agio in quel tipo di classe sociale abbiente e, con il sostegno finanziario della famiglia ma allo stesso momento contro il suo volere, si trasferì a Bruxelles per frequentare l’Université Nouvelle. Lì conobbe figure di spicco della Seconda Internazionale (o vicine ad essa), come Élisée Reclus, Émile Vandervelde e Georgi Plekhanov.
A Lipsia, dove si trasferì per un breve periodo, conobbe anche Rosa Luxemburg che divenne il suo modello per gli anni a venire. Quindi si recò a Berlino dove frequentò lezioni di economia politica e incontrò vari membri di alto livello del Partito Socialdemocratico Tedesco (SPD), come Clara Zetkin e August Bebel. Sentì quindi parlare di un professore di filosofia italiano, il marxista Antonio Labriola, abbastanza noto persino tra gli studenti della SPD. Così decise di trasferirsi a Roma dove frequentò le lezioni di Labriola e incontrò alcuni fondatori del Partito Socialista Italiano (PSI): Filippo Turati, Claudio Treves e la compagna di Turati, anch’ella un’ebrea russa, Anna Kuliscioff. In quel periodo prese a italianizzare il suo nome divenendo per tutti “Angelica Balabanoff”.


Con Mussolini

Angelica diventò membro del PSI nel 1900. Il Partito le chiese di recarsi a Losanna per educare gli immigrati italiani al socialismo. Qui incontrò Benito Mussolini. Descrive il loro primo incontro nel suo libro “Il Traditore, Mussolini e la conquista del potere”. Era un derelitto. Non poteva lavorare perché era “malato”. “Non sono bravo in niente, nemmeno a guadagnare un pezzo di pane”, le disse il futuro Duce. Le stava implicitamente chiedendo aiuto per tradurre un opuscolo di Kautsky dal tedesco, in cui era principiante, per guadagnare un po’ di soldi. Per pietà veniva invitato da una parte all’altra a tenere discorsi per pochi franchi presso le riunioni socialiste. Come tutti sappiamo, si rivelò un oratore efficace anche se molto retorico.
In Svizzera la Balabanoff fondò il supplemento femminista “Su Compagne!” e incontrò i leader menscevichi Martov e Axelrod. Si unì alla League of Academic Marxists guidata da Chicherin e conobbe Trotsky a Vienna nel 1906. La Balabanoff probabilmente incontrò Lenin per la prima volta a Berna. Nel 1907 rappresentò gli studenti universitari russi al V Congresso del Partito Socialdemocratico Russo a Londra. Lo stesso anno partecipò per la prima volta a un congresso della Seconda Internazionale, il VII, a Stoccarda, dove contribuì principalmente come traduttrice e conobbe Karl Liebknecht.
Insieme a Giacinto Menotti Serrati, futuro leader del PSI, la Balabanoff aiutò Mussolini a lasciare la Svizzera e a trovare un buon lavoro a Trieste, un lavoro che tuttavia questi non riuscì a mantenere a lungo. Angelica ha raccontato in modo interessante il giorno in cui Mussolini fu nominato direttore della rivista socialista romagnola “La Lotta di Classe”. Il direttore precedente voleva rinunciare a questo incarico e lo offrì a Mussolini che, pensava, fosse un buon socialista considerando le posizioni politiche di suo padre Alessandro e, soprattutto, perché non aveva impegni di lavoro. L'inizio della fortuna politica di Mussolini è spesso identificato con il ruolo che svolse al XIII Congresso del PSI del 1912, quando propose una mozione per espellere alcuni riformisti di alto livello dal partito. La Balabanoff tende a minimizzare il suo ruolo. Secondo lei Mussolini ovviamente era per la loro espulsione, ma fu scelto a proporre la mozione di espulsione solo perché venne sostenuto dai delegati della sua regione e, soprattutto, per mancanza di altri volontari. La vittoria degli intransigenti alla guida del PSI spinse il riformista Claudio Treves a dimettersi dalla redazione dell’organo del Partito l’“Avanti!”. Anche in questo caso a Mussolini venne offerto l’incarico a causa della mancanza di altri candidati privi di lavoro e impegni familiari. Quando gli venne proposta questa posizione era titubante e accettò solo a condizione che Angelica collaborasse con lui. La Balabanoff descrive Mussolini come un soggetto non insensibile alla corruzione. Ruppe con lui prima del suo tradimento politico del 1914, a causa del suo comportamento opportunista ed egoista. Alcuni credono che la Balabanoff e Mussolini avessero avuto anche una relazione sentimentale. Questo non ci interessa, ma quel che è certo è che Mussolini al culmine del suo potere ammise che senza l’aiuto della Balabanoff sarebbe rimasto una nullità.

A Zimmerwald

Allo scoppio della Prima Guerra Mondiale nel luglio 1914, la Balabanoff fu chiamata urgentemente a Bruxelles per un incontro speciale dell’Internazionale. Propose lo sciopero di massa contro la guerra, mentre Viktor Adler e Jules Guesde erano contrari all'idea. Fu sostenuta solo dai laburisti indipendenti Keir Hardie e John Bruce Glasier. Ad agosto incontrò Plekhanov a Ginevra, il quale sperava di vedere il partito socialista italiano prodigarsi a favore dell’intervento militare italiano dalla parte della Triplice Intesa (Gran Bretagna, Francia e Russia). In Italia, ormai sull’orlo dell’intervento, era difficile essere stranieri. Quando il membro della SPD, il tedesco Albert Südekum, visitò l’Italia per spingere il PSI a convincere le masse ad intervenire dalla parte austro-germanica, la Balabanoff fu tacciata di esser filotedesca, sebbene avesse ricordato alla folla che era stata espulsa dall’Austria nel 1909 e dalla Germania all’inizio del 1914.
La Balabanoff si trasferì quindi in Svizzera. Nel dicembre del 1914 si recò a Berna dove fu determinante nell’organizzazione della famosa conferenza socialista di Zimmerwald contro la guerra che ebbe luogo nel settembre del 1915. Entrò a far parte, in qualità di segretaria, dell'Ufficio Esecutivo composto inoltre dallo svizzero Grimm, dall’italiano Lazzari (un vecchio massimalista) e dal romeno Rakovsky. Il manifesto di Zimmerwald, redatto da Trotsky, rispecchiava lo scontro tra i moderati e la frazione sinistra di Lenin. Gli argomenti discussi a Zimmerwald furono infatti: l'azione di pace che il proletariato avrebbe dovuto svolgere, la posizione nei confronti del fallimento della Seconda Internazionale e la possibile trasformazione della guerra mondiale in guerra civile rivoluzionaria. La visione moderata prevalse, quindi Zimmerwald rappresentò principalmente le istanze di pace. Non ripudiò ufficialmente la Seconda Internazionale, né propose di trasformare la guerra mondiale in guerra civile.


Con i bolscevichi

La Balabanoff visse a Zurigo fino allo scoppio della Rivoluzione Russa del febbraio del 1917. Come altri rivoluzionari lasciò la Svizzera per raggiungere la Russia su un treno speciale, viaggiando con Martov, Axelrod e Lunacharsky. Delusa dalla rivoluzione di febbraio iniziò ad avvicinarsi ai bolscevichi. In questo periodo frequentò molto spesso Trotsky. Firmò una risoluzione insieme a Trotsky, Kamenev e Riazanov per il boicottaggio definitivo del governo provvisorio russo.
Si recò a Stoccolma per organizzare la terza conferenza del movimento di Zimmerwald, che ebbe luogo nel settembre del 1917. Ormai il blocco moderato era scarsamente rappresentato e prevalse la sinistra di Lenin. Dopo la Rivoluzione d’Ottobre del 1917, Lenin le chiese di rimanere a Stoccolma per diffondere da lì le notizie sulla Russia, fornendole anche molti fondi per farlo. In due occasioni la Lega Antibolscevica tentò di assassinarla. Alla fine, cercò di rientrare a Mosca nel settembre del 1918, perché Lenin era stato gravemente ferito dal celebre attentato di Fanny Kaplan. Ma a causa dei combattimenti tra gli eserciti bianchi e l’Armata Rossa al confine finlandese dovette tornare a Stoccolma. Alla fine, riuscì a rientrare in Russia ad ottobre e incontrò Lenin che era ancora in convalescenza nella sua casa di campagna.
Presto tornò a viaggiare. Andò a Zurigo dove fu accusata di aver trasportato cento milioni di franchi per finanziare la rivoluzione in Italia. Fu quindi espulsa dalla Svizzera, mentre l’Italia chiedeva la sua estradizione per arrestarla. Tuttavia, alla fine, insieme ad altri bolscevichi, fu estradata in Germania dove era in corso la rivoluzione del novembre 1918, ma con la vittoria dell’SPD, questo gruppo di rivoluzionari venne dopo poco rispedito in Russia. Mentre era a Berlino fu ospite di Adolph Joffe, ambasciatore sovietico in Germania. Lì incontrò alcuni membri del Partito Socialdemocratico Indipendente Tedesco per convincerli a seguire i bolscevichi, ma non ebbe successo.
Quando fu fondata la nuova Internazionale, il Comintern, Lenin nominò Zinoviev presidente e la Balabanoff segretaria. Lenin aveva bisogno di lei proprio per la sua rete internazionale di connessioni. Ma lei si ritrovò presto a fare un semplice lavoro amministrativo per il Comintern. Successivamente fu mandata in Ucraina come Commissaria per gli Affari Esteri, ma nel 1920 i bolscevichi dovettero lasciare l’Ucraina e così Angelica tornò a Mosca. Ebbe molti attriti con Zinoviev il quale cercò di sbarazzarsi di lei in vari modi.
Nel giugno di quell’anno arrivò a Mosca una delegazione del PSI guidata da Serrati, ora Segretario del partito. Il II Congresso del Comintern si stava svolgendo proprio nel momento in cui Lenin stabilì le condizioni per l’adesione dei vari partiti esteri; per gli italiani questo avrebbe significato espellere noti riformisti come Turati e Treves. Serrati era contrario e la Balabanoff si schierò dalla sua parte. Quando Lenin le chiese di scrivere qualcosa contro Serrati, lei si rifiutò, dicendogli “Sono più d’accordo con lui che con te”.
La Balabanoff riferisce di un altro esempio del dispotismo di Lenin durante il IX Congresso del Partito Comunista Russo nel 1921. Alexandra Kollontai, una Commissaria del Popolo, aveva criticato il Partito per aver concesso pochissima autonomia alle organizzazioni dei lavoratori; questo fu sufficiente a Lenin per attaccarla pubblicamente in modo distruttivo. All'inizio del 1921 i contadini insorsero contro le requisizioni forzate di cereali e molti furono giustiziati. Poi Kronstadt si sollevò contro il dominio bolscevico che scatenò una sanguinosa repressione del Soviet locale. Questi furono gli ultimi eventi che la fecero decidere a lasciare la Russia. Eppure aveva bisogno del lasciapassare di Lenin per farlo.
Mentre la Balabanoff stava aspettando di poter lasciare la Russia, arrivò Clara Zetkin. La Zetkin rimase con lei per un po’. Secondo il racconto della Balabanoff, la Zetkin sembrava piuttosto sensibile alle adulazioni dei bolscevichi che amava molto. La Zetkin cercò di convincere la Balabanoff a rimanere in Russia, ma la Balabanoff si rifiutò di fare da traduttrice al III Congresso del Comintern nel giugno del 1921. Nel dicembre del 1921 le fu infine permesso di lasciare la Russia. Da quel momento in poi fu un’aperta antibolscevica, sebbene venne ufficialmente espulsa dal Partito Comunista Russo solo nel 1924.


Antibolscevica

Quando Lenin le aveva chiesto di non andarsene, lei gli aveva risposto che non era d’accordo con i metodi dispotici e demagogici dei bolscevichi. Anni dopo, quando Trotsky era ormai un rifugiato in Messico, lei gli scrisse per esprimergli la sua simpatia e gli ricordò che gli stessi metodi di denigrazione usati contro di lui ora erano stati precedentemente usati proprio da lui contro altri. Trotsky le rispose: “Non menzioniamo il passato; quelli erano tempi diversi. Non roviniamo la nostra amicizia”.
La Balabanoff aveva visto da vicino i bolscevichi ed era convinta che senza Lenin non ci sarebbe stato Stalin. Spiegò che il regime di Lenin e l’apparato che lui aveva creato attuarono le condizioni che consentirono a figure come Stalin di svilupparsi senza inibizioni e senza freni. Infatti, fu il clima instaurato dal regime sovietico a plasmare e incoraggiare le tendenze criminali del futuro dittatore.
Dopo aver lasciato la Russia, Angelica rimase in Svezia e poi si trasferì in Austria dove erano al potere i socialdemocratici di Otto Bauer. Qui scrisse per l’“Arbeiter-Zeitung”. Nel 1927 si trasferì a Parigi convocata dal PSI in esilio. Ci si trasferì, ma contro la sua inclinazione, perché al PSI mancava oramai “la vecchia guardia” massimalista: Serrati era passato ai comunisti poco prima della sua scomparsa e Lazzari era morto. Al convegno di Grenoble di gennaio del 1928 fu eletta segretaria del Partito e direttrice dell’“Avanti!” dalla frazione massimalista ostile a Nenni e alla fusione con i riformisti del Partito Socialista Unitario all’estero. Si era giunti quindi a un’ennesima scissione socialista. Successivamente il suo piccolo partito in esilio, il PSI-m (Partito Socialista Italiano-massimalista), decise di entrare nella coalizione antifascista, ma la Balabanoff era contro il cosiddetto “Fronte Unito”, a causa del suo anti-bolscevismo, e non voleva lavorare né con i riformisti né con i comunisti. Più tardi Trotsky l’avrebbe voluta nella sua Quarta Internazionale ma alla Balabanoff la cosa sembrava non interessare.
Nel novembre del 1935 ottenne un visto per trasferirsi negli Stati Uniti, dove si avvicinò al liberalsocialista Gaetano Salvemini. Nel 1938 fu pubblicata la sua autobiografia “My Life as a Rebel”. Nel 1941 la fazione massimalista del PSI cessò di esistere e con essa il leggendario organo l’“Avanti!” (che come testata tornò quindi nelle mani del PSI di Nenni).
Nel 1947 la Balabanoff ritornò in Italia dove fu utilizzata da Saragat per promuovere il suo Partito Socialista dei Lavoratori Italiani (PSLI), una nuova organizzazione socialdemocratica che in quel momento sosteneva di continuare la variegata eredità del PSI di Turati, Costa, Lazzari e Prampolini fondato nel lontano 1892. Lei vi aderì per via del suo anti-bolscevismo, ma anche perché credeva, erroneamente, che il PSLI fosse ideologicamente affine ai vecchi riformisti e massimalisti italiani dei primi del 1900. Così nel 1955 fu invitata al congresso della ricostituita Internazionale Socialista (ormai in realtà del tutto socialdemocratica) a Vienna, dove fu acclamata come una leggenda vivente. Trascorse gran parte del 1957 in Austria e in Svizzera. Si avvicinò infine a Golda Meir e divenne filoisraeliana. Alla fine, nel 1960, si stabilì definitivamente a Roma dove morì il 25 novembre 1965.
La Balabanoff fu l'archetipo della rivoluzionaria socialista democratica. Il suo marxismo era in realtà piuttosto idealista e lei lo viveva come una fede. Si considerava una missionaria. La sua missione era quella convertire i lavoratori al marxismo. Con questo in mente si può capire perché abbia preso a cuore le sorti di Mussolini, aiutando questo ozioso agitatore anarcosindacalista a diventare una socialista rispettato, o perché si sia votata al bolscevismo di Lenin per perseguire l’obiettivo rivoluzionario massimo, ma come, allo stesso tempo, abbia difeso l'integrità della Seconda Internazionale durante la conferenza di Zimmerwald. Più tardi nella sua vita si identificò, in modo un po’ nostalgico, con quell’amalgama di posizioni oscillanti tra l’aperto riformismo e il vago massimalismo che furono tipiche del primo socialismo italiano, sedicente marxista, degli inizi del XX secolo.

La Balabanoff ebbe il merito di denunciare per esperienza diretta Mussolini (“Il Traditore”) e, soprattutto, Lenin e il bolscevismo (“Impressioni su Lenin”) in un periodo in cui queste critiche erano impopolari o, addirittura, proibite. Vale la pena leggere queste due sue opere e quindi vale la pena ricordarla.

[1] Alcune fonti suggeriscono invece il 1869, il 1877 o, addirittura, il 1878.

Tratto da Angelica Balabanoff: To Bolshevism and back, Cesco, Socialist Standard dell’Agosto 2018, tradotto e ampliato da Cesco e D.C.

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