Conclusioni
Questo
breve saggio non ha l'ambizione di essere un resoconto storico completo. Lo
scopo principale di questo testo è quello di riportare alla luce in un contesto
di sinistra socialista, marxista, intransigente, la critica al leninismo
successiva i fatti di "Ottobre". L'aspetto cronologico è
fondamentalmente, in questo caso, perché fare gli opinionisti col senno di poi
su posizioni e idee generatesi durante l'accadimento dei fatti, è scorretto da
ogni punto di vista. Negli articoli esposti è chiaro che dopo un periodo di
incertezza avendo notizie molto approssimative sugli accadimenti russi, il
socialisti unitari, così come i socialisti del SPGB, assunsero una posizione molto
critica nei confronti della dittatura bolscevica; mentre i massimalisti italiani
accettarono a pieno il leninismo e si divisero principalmente sull’uso del
parlamento, prima, e sulla modalità di collaborazione con i riformisti poi. Ovviamente
le nostre idee si basano sia sul riscontro della dottrina marxista quanto sugli
sviluppi e i risultati di sconvolgimenti sociali quali anche quelli determinati
dal bolscevismo in Russia.
È immediato notare una certa
similarità nelle critiche dei socialisti unitari italiani e degli
impossibilisti inglesi. L’immaturità delle condizioni economiche, il potere
nelle mani di una minoranza e l’utilizzo inappropriato del termine dittatura
del proletariato, per giustificare la dittatura di una minoranza, infine l’uso
del terrore. In Treves, almeno negli articoli riportati, che ricordiamo sono
subito successivi la rivoluzione, più che in Mondolfo e Turati, c’è una sorta
di giustificazione delle azioni di Lenin e soltanto un ammonimento della sua
applicabilità solo alla situazione russa. Nei tre socialisti unitari, troviamo
molti elementi di critica comuni a quelli presenti nel SPGB. La mitizzazione
del Soviet, e della sua democraticità,
la mancanza di condizioni economiche per poter parlare di instaurazione del
socialismo, e ripiegamento sul capitalismo. Turati, Treves, Modigliani e gli
altri socialisti unitari, furono presto al centro della polemica tra i
bolscevichi e i massimalisti italiani, in merito ai 21 punti per l’ammissione
del PSI nella Terza Internazionale e la condizione necessaria di estromissione
di tali riformisti dal partito. La loro critica venne quindi vista come quella
di social-traditori alla Kautsky del resto.
Come già accennato nel preambolo, nonostante
le similarità delle critiche da parte dei socialisti unitari e di quelli
inglesi del SPGB, paragonare uno a uno il PSI al SPGB in termini di seguito
nelle masse non sarebbe storicamente corretto. Per attenersi a quel periodo il
PSI aveva ottenuto 883.409 voti (17,62%) nel 1913; e 1.834.792 voti (32,28%) nel
1919, aveva una grande presenza nei sindacati confederali, soprattutto la
frazione unitaria; mentre il SPGB non raccoglierà voti nelle elezioni generali
fino al 1945; in più il SPGB (probabilmente sui 150-200 membri all’epoca) era
un partito fisiologicamente più piccolo del PSI, che aveva 200.000 iscritti nel
1920. D’altro canto si potrebbe dire che non scendere a compromessi si paga in
popolarità.
Questa analisi non vuol fare nemmeno
un’associazione tra gli impossibiliti inglesi, ai quali il nostro Movimento
Socialista Mondiale si rifà, e i riformisti italiani. I socialisti unitari (ossia
i riformisti, italiani) erano oramai dell’idea di cambiare gradualmente il
capitalismo mediante l’uso delle riforme e grazie al suffragio universale, nel
quale riversavano una fiducia, se non una fede, sproporzionate. La posizione
del SPGB era (ed è) chiara in merito: se la maggioranza dei lavoratori non
concepisce la produzione sociale (e quindi non è organizzata per essa) non
potrà attuare la rivoluzione del sistema socio-economico per mezzo della presa
del potere politico. Tale rivoluzione socio-economica attuata da parte della
maggioranza dei lavoratori organizzati e
addestrati alla produzione sociale sarà democratica. Quindi niente
evoluzionismo. Questo ci differenzia dai riformisti-revisionisti, come anche niente
salti, niente minoranze o leader illuminati, e questo ci differenzia dai rivoluzionari-centralisti.
Storicamente,
in sostanza, i risultati, e il peso, dei "minimalisti", e degli impossibiliti,
furono così marginali, che si tende a dimenticare quello che di buono, talvolta
"profetico", la loro analisi a caldo conteneva, e contiene. Per gli anni
a venire la bolscevizzazione del Partito Comunista prima, e di quello
Socialista poi, egemonizzò il pensiero della maggioranza della classe
lavoratrice di sinistra. Questo portò in classico stile bolscevico a cancellare
ogni critica, che venisse dalla "destra" e dalla “sinistra” marxista.
Il nazional-comunista Palmiro Togliatti fu la personificazione, in Italia, di
questa censura, e distorsione, con la sua esaltazione di un certo Gramsci
e la distruzione di voci come quelle di Turati, Treves,
Rodolfo Mondolfo, ma anche socialisti come Lelio Basso, Angelica Balabanoff, e
leninisti come Bordiga, Onorato Damen, Ottorino Perrone, e Pietro Tresso,
quest’ultimo addirittura fisicamente eliminato dagli stalinisti.
Quando l’Unione
Sovietica non poté più essere difesa neanche dal punto di vista ideologico più
bieco, allora si incominciò ad addossare tutte le colpe a Stalin, che
nonostante fosse stato un dittatore sanguinario, fu tra la maggioranza degli incerti
in merito all’insurrezione d’Ottobre, spinta principalmente da Lenin.
Per la
sinistra comunista italiana, il discorso della deviazione della rivoluzione
russa fu un po’ più intricato, in quanto ammetteva e ammette sì la rivoluzione
politica in Russia, ma ad un certo punto non quella economica. E fu anche, come
visto, altrove, forte oppositrice della bolscevizzazione del Partito Comunista
d’Italia.
Infine,
nonostante il lunghissimo strascico devastante dell’influenza del leninismo sul
socialismo marxista, bisogna dare del credito a Lenin come marxista. Lenin era
di sicuro un “blanquista”, ovvero credeva che una minoranza, regolata da una
rigida disciplina, potesse rivoluzionare il sistema sociale, che secondo lui doveva
passare per il Capitalismo di Stato, ma come si è visto in queste ampie
citazioni, fu molto più realista di altri leninisti, o dovremmo dire “blanquisti”
per coerenza. Purtroppo, l’identificazione del marxismo col leninismo, che io
continuerei a chiamare “blanquismo”, non fece che dar credito agli anarchici
bakunisti, della Prima Internazionale, che criticavano in Marx l’eccessivo
autoritarismo centralista. Il marxismo è ben altro che autoritarismo, ma spiegalo
un po’, dopo che il leninismo è diventato l’emblema del marxismo.
Cosa impariamo
dalla rivoluzione di ‘Ottobre’ quindi? Che la rivoluzione del sistema
economico-sociale non fa salti, si deve basare sul massimo sviluppo delle forze
produttive capitaliste. Che non può che essere globale e instaurata dalla
maggioranza della classe lavoratrice cosciente. Che per quest’ultimo motivo la
classe lavoratrice deve vincere l’egemonia culturale della classe dominante e
prendere coscienza. La rivoluzione non è né violenza anarchica né un graduale
processo di riforme del capitalismo.
Solo oggi
incominciamo ad intravedere il pieno potenziale del sistema capitalista
applicato a livello globale, con la Cina, l’India, il Medio Oriente in forte
sviluppo. Allo stesso momento, vi sono parti nel mondo ancora ai primi passi
verso questo processo. Il capitalismo del XXI secolo non ha ancora risolto le
sue contraddizioni, nonostante quanto sostengano le svariate creative
formulazioni degli economisti asserviti alla classe capitalista. Le
contraddizioni del capitalismo sono sempre più evidenti: ricerca del massimo
profitto a scapito dell’uomo e dell’ambiente, guerre di interesse commerciale e
strategico, terrore, disoccupazione, immigrazione di massa, propaganda di
regime, sistema di educazione conformato al pensiero piccolo borghese, povertà,
e disparità economica.
Secondo il
Movimento Socialista Mondiale la via di uscita c’è, ed è un processo sulle
spalle di tutti noi lavoratori, organizzati al di fuori del sistema
capitalista, in modo davvero democratico, quindi senza capi o condottieri.
Lavoratori di tutto il mondo unitevi! Da perdere avete
solo le vostre catene!
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