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venerdì 30 aprile 2021

Il ritorno della Natura: Socialismo ed Ecologia

La brillante riscoperta di un secolo di pensiero ecologico e socialista da parte di John Bellamy Foster informerà, renderà possibile e ispirerà una nuova generazione di socialisti e di verdi. 

John Bellamy Foster THE RETURN OF NATURE Socialism and Ecology Monthly Review Press, 2020


In un'epoca in cui la richiesta di cambiamento del sistema viene ascoltata sempre di più, nel riconoscimento crescente delle cause socio-economiche della crisi climatica, un libro che stabilisce la connessione tra socialismo ed ecologia non potrebbe essere più tempestivo. Nel tracciare l'evoluzione di tale connessione, The Return of Nature di John Bellamy Foster individua le condizioni per un ecosocialismo efficace.

Il libro è un lavoro di recupero in diversi sensi correlati: di Marx ed Engels e di coloro che hanno ispirato come pionieri dell'ecologia sociale; della natura come necessariamente radicata nell'analisi sociale; della dialettica come metodo critico-pratico; del materialismo come campo di immanenza e di emergenza; del socialismo come mediazione sistemica del rapporto socio-naturale; e, soprattutto, della politica come impegno pratico con il mondo, rendendo la conoscenza e la ragione socialmente efficaci.

martedì 1 febbraio 2011

Le fonti di energia

Il capitalismo è veramente troppo lento nell’esplorare il potenziale delle fonti di energia rinnovabili.

Nel considerare in qualsiasi modo i problemi sociali esistenti, la questione dell’approvvigionamento energetico è di primaria importanza. È evidente che il compito di procurare decenti condizioni di vita per l’intera popolazione umana debba includere il provvedimento di un’adeguata fornitura di energia. La risoluzione del problema degli alloggi nel mondo, che comprende il provvedere per il riscaldamento, la possibilità di cucinare e l’illuminazione, l’espansione dei servizi di trasporto mondiali, l’aumento della produzione di cibo, il provvedere per una fornitura sufficiente di beni durevoli per tutte le persone, più l’espansione dei mezzi di produzione che ciò richiederebbe, riguarderà discutibilmente una fornitura grandemente aumentata di energia mondiale.

Ma il problema non è semplicemente quello di fornire energia, usando ogni mezzo disponibile in una maniera indiscriminata. La produzione di energia ha un impatto considerevole sull’ambiente, perciò sarebbe importante che i metodi usati tenessero conto di questo fattore. Perché, per esempio, è così lento il capitalismo a adottare l’opportunità di sviluppare fonti di energia rinnovabili, in contrapposizione alla combustione di combustibili fossili e all’energia nucleare?

Il capitalismo non ci ha fornito di una strategia mondiale integrata dello sviluppo produttivo, che sia rivolto direttamente alla soddisfazione dei bisogni umani e possa essere socialmente controllato in modo da evitare ogni effetto distruttivo sull’ambiente. Il risultato di ciò è stato evidenziato in un recente editoriale del Guardian di Londra:

Viviamo in un mondo alimentato dal sole, tuttora quasi due miliardi e mezzo di persone – la maggior parte di esse vivendo in climi molto caldi – sono disperatamente a corto di energia con cui migliorare la loro esistenza. Ci sono due crisi energetiche; di una sappiamo a riguardo, in cui il 21 per cento della popolazione del mondo tracanna il 70 per cento della produzione di energia commerciale del mondo, prevalentemente nella forma di sostanza inquinante che provoca conservazione di radiazione solare – i combustibili fossili. L’altra crisi energetica è appena percepita e i procedimenti del World Solar Summit delle Nazioni Unite che l’ha affrontata negli ultimi due giorni sono stati appena riportati. È la crisi in cui il 40 per cento della popolazione del mondo vive ancora a un livello di sussistenza essenziale senza alcuna forma di elettricità. (1)

Da un punto di vista pratico, la società ha a disposizione una vasta scelta di opzioni tecniche e ci sono grandi riserve di capacità, di lavoro e di materiali, eppure allo stesso tempo soffriamo per una incapacità cronica di accettare queste in una maniera libera e consapevolmente regolata. Non è solo il fatto che sotto il capitalismo mondiale ci siano barriere economiche che impediscono di produrre energia sufficiente per i bisogni. Quello che diventa disponibile sui mercati dell’energia è prodotto con metodi che di per se stessi generano ulteriori problemi sociali. La presente struttura dell’approvvigionamento energetico mondiale coinvolge uno spreco non necessario di risorse utili; è distruttiva dell’ambiente; produce severi problemi secondari ed è piena di pericoli.

Questa è la situazione in cui ora ci troviamo e il capitalismo mondiale non fornisce alcun mezzo prevedibile per venirne fuori. Che cosa c’è alla base dei problemi incontrati con la fornitura di energia, che al momento stanno peggiorando? La struttura esistente della fornitura di energia, la particolare struttura della produzione delle forze economiche e uno sviluppo militare che ne è risultato. È semplicemente impossibile schierare liberamente le opzioni tecniche che adesso esistono in risposta ai bisogni umani all’interno di questa esistente struttura economica e militare.

Sono state così costringenti queste forze economiche che, fino a poco tempo fa nei paesi più industrializzati, la fonte di energia più usata era ancora il carbone, la fonte su cui la rivoluzione industriale si basò più di duecento anni fa. La maggior parte dell’elettricità è generata oggi da enormi turbine spinte dal vapore. Nel 1990, il carbone è stato bruciato per produrre questo vapore nel 32% della produzione di energia mondiale. Il petrolio era il più usato (36%) seguito dal gas naturale (19%) – e dalla fissione nucleare (4%).

Bruciare combustibili fossili, che includono il carbone e il petrolio, oltre a prevenire che essi siano usati come materie prime per la produzione dei loro vari derivati, contribuisce all’inquinamento atmosferico. Il metodo relativamente primitivo di bruciare i combustibili fossili non-rinnovabili rimane la fonte di energia più economica disponibile per la produzione capitalistica. Nonostante la vasta scelta di possibilità tecniche che ora esistono, si è ancora nella situazione in cui centinaia di milioni di persone dovunque nel mondo nemmeno raccolgono o acquistano legna da ardere come loro principale fonte di energia.

Viene generata l’energia idroelettrica e dalla fine della Seconda Guerra Mondiale c’è stato lo sviluppo dell’energia nucleare. La seconda non è mai stata selezionata come una fonte di energia desiderabile per quel che è, ma presentata sulla base dello sviluppo di armi. È tuttora una fonte di energia marginale. L’uso della tecnica basata sul sole è ancora più marginale.

L’energia nucleare – l’opzione militare

Eppure, più di cinquant’anni fa, negli anni 1930, avvennero due sviluppi simultanei che coinvolsero vaste potenzialità per il futuro dell’approvvigionamento energetico. Uno fu il lavoro teorico sulla scissione dell’atomo e l’altro fu la scoperta del meccanismo fotovoltaico che permise la conversione della luce solare in elettricità.

Da un punto di vista puramente tecnico, la ricerca e lo sviluppo potevano essere andati nella direzione sia dell’energia nucleare che delle celle solari. Nonostante i meriti, tecnici o per altri aspetti, di una o dell’altra opzione, le ragioni per cui la tecnologia solare fu spinta in un ramo stagnante della ricerca e dello sviluppo furono sia economiche che militari. Furono le implicazioni per lo sviluppo delle armi che diedero impeto al programma nucleare.

Fu il Progetto Manhattan che sviluppò la bomba atomica. Questo affrettato progetto militare che in modo perverso indica quanto velocemente la società può muoversi quando diventa impegnata, coinvolse decine di migliaia di lavoratori, comprendenti la crema del talento scientifico nel campo della fisica applicata. Nel 1945 costò 2 miliardi di dollari. L’enormità di questo sforzo può essere compresa tenendo conto del fatto che, nel 1944 in America, il valore del Prodotto Interno Lordo fu di 98 miliardi di dollari.

Dopo la Seconda Guerra Mondiale questa applicazione militare della tecnologia nucleare non diminuì, cosicché tra il 1945 e il 1956 il Programma delle Armi a Energia Nucleare costò 15 miliardi di dollari. Ciò incluse lo sviluppo della bomba a idrogeno e risultò in un enorme istituzione scientifica e industriale impegnata nel programma delle armi nucleari. In questa occasione società come Westinghouse e General Electric stavano producendo reattori nucleari principalmente per la Marina statunitense.

Questi sviluppi in America furono eguagliati in altri paesi per le stesse ragioni militari cosicché in Russia, in Gran Bretagna e più tardi in Francia la base scientifica/tecnica/industriale qualche volta conosciuta come il complesso militare-industriale venne in esistenza. Fu con questa base che il Presidente Eisenhower introdusse la sua cosiddetta campagna degli Atomi per la Pace negli anni 1950. Essenzialmente, il programma dell’energia nucleare risultò da un tentativo di capitalizzare sulle immense risorse di denaro che furono state versate nell’uso militare della tecnologia nucleare.

La minaccia per gli interessi acquisiti

Ma questa non fu l’unica ragione per la quale la ricerca e lo sviluppo nell’applicazione pratica del meccanismo fotovoltaico non furono considerati. La tecnologia solare fu soggetta ad attacco dai potenti servizi pubblici in America, le cui industrie erano basate sull’uso dei combustibili fossili. È poco conosciuto il fatto che in alcuni luoghi di vantaggio climatico, delle semplici installazioni solari furono impiegate per del tempo. Per esempio nel 1897, di tutte le case della California del sud il 30% ebbe scaldabagni solari.

Nel 1940 nella Florida del sud, l’80% di tutte le nuove case utilizzava scaldabagni solari. Una volta che queste installazioni, le quali erano semplicemente caldaie metalliche sotto vetro, erano fissate al posto giusto, tutto ciò che richiedevano era una fornitura economica d’acqua più l’abbondante luce solare del sud sulla quale nessuna impresa capitalista poteva detenere un monopolio. Queste installazioni diedero ai capifamiglia un grado di indipendenza dai grandi servizi pubblici capitalisti che erano impegnati nell’affare di vendere gas e anche elettricità generata dalla combustione del carbone e del petrolio.

L’uso di caldaie solari per scaldare l’acqua fu una cosa, ma la possibile applicazione pratica della cella fotovoltaica per convertire la luce del sole in elettricità fu una minaccia molto più seria per gli interessi capitalistici che erano assegnati legalmente al controllo e alla commercializzazione dei combustibili fossili. Le stazioni di energia centralizzate, generando l’elettricità dai combustibili fossili o dalle fonti di energia nucleari, permettono alle imprese o ai governi capitalisti di mantenere il controllo completo della fonte di energia e della commercializzazione dei prodotti. Con i dispositivi solari, una volta installati, la fonte di energia è liberamente disponibile. Ecco perché in particolare in America i servizi pubblici lanciarono un attacco organizzato sulla ricerca e sullo sviluppo dell’energia solare, variando da sollecitazioni politiche a massicce campagne pubblicitarie.

Di fronte allo sviluppo del programma delle armi nucleari e al suo riversarsi nell’energia nucleare e alla pressione esercitata dagli interessi pesantemente capitalizzati per il carbone, il petrolio e il gas, lo sviluppo delle fonti di energia solari altamente adattabili e sicure dal punto di vista ambientale è stato in gran parte trascurato. Per esempio alla fine degli anni 1970, quando il governo britannico stava spendendo più di 230 milioni di sterline per anno per la ricerca dell’energia nucleare stava spendendo soltanto 1,1 milioni per anno per le tecnologie rinnovabili basate sul sole.

Durante gli anni 1970 l’amministrazione Carter negli U.S.A. dovette esprimere interesse per le tecnologie solari a seguito di un brusco aumento del prezzo del petrolio e dei problemi che le stazioni di energia nucleare avevano incontrato. Ciò fu messo da parte dall’amministrazione di Reagan e i fondi per questo tipo di ricerca furono ancora ridotti.

È vero che qualche ricerca la stanno facendo le società petrolifere e le altre imprese capitaliste ma questo è inevitabilmente sospetto. La tendenza risultante dal loro interesse basato sul profitto nell’argomento nelle migliori delle ipotesi dirigerà questa ricerca in canali determinati dai loro interessi economici.

Questo interesse era esplicito nel seguente testo di una pubblicità:

Il sole dell’Arizona risplende 296 giorni l’anno. Gli ingegneri solari APS stanno lavorando allo Sky Harbor Photo-Voltaic Solar Project per catturare quell’eccezionale fonte di energia. Siamo orgogliosi di essere i leader nello sviluppo dell’energia solare.

22.000 celle solari in 80 dispiegamenti forniscono abbastanza energia per circa 40 case di grandezza media. Ma l’Arizona ha più di un milione di case – più le fabbriche – gli uffici – più le fattorie – che hanno bisogno di elettricità.

L’energia solare può fornire un ragionevole ammontare di elettricità saltuariamente nel prossimo secolo ma semplicemente non è pratica né economica per soddisfare i bisogni di elettricità dell’Arizona oggi. Ecco perché ora stiamo usando il carbone e il nucleare per l’utilizzo di larga scala per soddisfare i bisogni di elettricità dell’Arizona.

Il nucleare e il carbone ora per soddisfare i bisogni di elettricità dell’Arizona. (2)


I problemi del presente sistema energetico

I fattori che hanno determinato l’esistente struttura del sistema energetico del mondo sono stati i fattori economici del sistema del profitto congiuntamente con le strategie militari adottate dalle nazioni capitaliste più industrializzate e potenti del mondo, comprendenti il capitalismo di Stato dell’ex Unione Sovietica.

C’è ora una preoccupazione assai diffusa circa i problemi risultanti da questo sistema. Inevitabilmente, il continuo aumento del numero delle stazioni di energia nucleare ha come conseguenza uno stabile incremento della radioattività nell’ambiente, con un problema sempre più grande di come occuparsi dei rifiuti altamente radioattivi. Incidenti come Chernobyl con i loro orrendi risultati sono parte dell’esistente programma dell’energia nucleare.

Sezioni della comunità scientifica e gli ambientalisti sono anche estremamente preoccupati per gli effetti del continuo rilascio di anidride carbonica nell’atmosfera come risultato della combustione di combustibili fossili come il petrolio e il carbone (Riscaldamento del Globo Terrestre). Il bruciare combustibili fossili contribuisce anche al fenomeno conosciuto come pioggia acida con i suoi effetti quali la distruzione delle foreste nell’emisfero del nord, la distruzione della vita in laghi e fiumi, e il generale deterioramento del suolo.

Il compito di pulire l’industria, in particolare riguardo all’uso di combustibili fossili, è costoso. Ecco perché abbiamo visto solamente qualche piccolo e riluttante passo nel trattare il problema. Al momento, il capitalismo sta addirittura trascurando le tecnologie di combustione fossile avanzate che possono aumentare l’efficienza con cui l’elettricità viene generata dai combustibili fossili. Le tecnologie come la combustione a getto liquido (fluidized bed combustion), le turbine a gas, il ciclo combinato di gassificazione del carbone ecc, causano il 17-40% in meno di emissioni di gas serra. Sono state introdotte soltanto dalle nazioni OECD e non dalle altre nazioni in via di industrializzazione, come per esempio la Cina, dove l’uso del carbone è destinato a crescere rapidamente.

I meriti delle fonti di energia rinnovabili

Molti scienziati hanno enfatizzato la necessità di sostituire l’uso dei combustibili fossili con l’uso di fonti rinnovabili di energia, come la forza del vento, la forza delle onde e i dispositivi fotovoltaici. Anche la necessità del consenso globale come una base per sostenere tutto ciò è sottolineata da questi scienziati, benché siano pessimisti riguardo alla sua realizzazione.

I vantaggi di queste fonti rinnovabili furono riassunte in un Rapporto della Fondazione Ford come segue:

L’Energia Solare Diretta. Diversamente da tutte le altre forme di energia disponibili agli esseri umani in grandi quantità, la radiazione solare è pura energia che non è associata a del materiale. Di conseguenza, alcuni tipi di sistemi energetici solari, una volta costruiti, possono mantenere un costante inventario di vantaggi e materiali, non rilasciando nulla eccetto che energia utile e residua allo stesso saggio come la radiazione solare assorbita. Per esempio, le celle elettriche solari funzionanti convertono parte dell’inerente radiazione solare direttamente in energia elettrica e irradiano, riflettono o rilasciano il resto. Il processo non produce alcun materiale di scarto che deve essere accumulato o rilasciato nell’ambiente . . . In contrasto, l’uso dei combustibili fossili o di qualsiasi tipo di energia nucleare richiede l’aggiunta di massa (combustibile) a un sistema di approvvigionamento energetico e per di più l’accumulazione di crescenti riserve di prodotti di scarto (come le ceneri, lo zolfo, l’anidride carbonica, o gli isotopi radioattivi) all’interno del sistema o il loro rilascio nell’ambiente.

I meriti delle tecnologie basate sul sole e il bisogno di cooperazione mondiale nell’occuparsi dei problemi dell’approvvigionamento energetico sono stati sottolineati anche da Janet Ramage nel suo lavoro L’Energia – Un’Introduzione. Nella sua visione, la sfida delle tecniche solari è quella di utilizzare l’energia che il sole trasmette alla terra a un saggio uguale a quasi 20.000 volte il suo consumo energetico primario e che questa sfida si presenta come una tecnica per la raccolta e la conversione. Supponendo tale soluzione tecnica come un risultato della cooperazione su una scala mondiale lei afferma:

Che ne direste di una rete elettrica mondiale? Potrebbe usare cavi super conduttori sotterranei e in fondo all’oceano, e l’energia arriverebbe da poderi solari nei maggiori deserti del mondo, da impianti di Conversione Elettrica Termica Oceanica nelle acque tropicali, e da stazioni che sfruttano la forza delle onde e da dispiegamenti di turbine che sfruttano la forza del vento in regioni remote. Niente inquinamento atmosferico, niente rifiuti radioattivi, niente uso di preziosa terra agricola o di preziosa acqua. Non ci sono probabilmente problemi tecnici insuperabili. C’è soltanto una questione. Come ci possiamo arrivare dalla situazione attuale?

L’urgente bisogno di cooperazione mondiale

Questa questione vitale riguarda essenzialmente le ragioni per le quali l’esistente sistema capitalistico mondiale non può adottare le possibilità tecniche che adesso esistono per l’istituzione di un sistema energetico mondiale sicuro e adeguato. Questa questione inoltre ci tira fuori dalla sfera della scienza e della tecnologia applicate e inevitabilmente ci porta dentro la sfera dell’economia e della politica mondiali.

Il bisogno urgente di cooperazione mondiale nel trattare i problemi dell’approvvigionamento energetico mondiale non può essere realizzato all’interno delle relazioni produttive sociali e dell’esistente struttura economica e militare attraverso la quale queste operano. Incessante società capitalistica mondiale significa inevitabilmente che il mondo rimarrà puntellato come un campo armato e le divisioni rimarranno quelle degli interessi economici nazionali in competizione. L’organizzazione della società mondiale rimarrà soggetta alle strategie economiche e militari nazionali che esprimono i prevalenti interessi delle classi capitaliste nazionali. Nel campo dell’approvvigionamento energetico, come in ogni altro campo, tali risorse, capacità e metodi di produzione che sono adottati saranno determinati dagli imperativi economici del sistema del mercato o in armonia con le esistenti strategie economiche o militari nazionali.

È assolutamente impossibile sotto il capitalismo per l’umanità usare le risorse della terra a beneficio di tutta la gente, ed è ugualmente impossibile per essa schierare la conoscenza accumulata, le capacità e le tecniche di produzione che ora esistono in un diretto rapporto con i bisogni umani su una base di cooperazione universale.

Eppure non c’è di fatto nessuna barriera presentata da alcune presunte incapacità delle persone di cooperare nei loro reciproci interessi. Al contrario, questa abilità di cooperare è universale. Ciò che è necessario è che questa inerente abilità di cooperare sia mobilitata politicamente come un movimento mondiale che agisca indipendentemente dalle esistenti strutture di potere economiche, politiche e militari.

Questo movimento esiste già come il movimento per il socialismo mondiale. Sarebbe molto importante che coloro i quali vedono la necessità della cooperazione mondiale nel trattare i problemi che tutta l’umanità si trova di fronte si unissero alle sue file per aumentare la sua voce di buon senso e quindi per contribuire al lavoro di preparazione dei programmi pratici di azione che potrebbero essere implementati una volta che l’obiettivo politico socialista venisse raggiunto. Questo obiettivo politico è quello di ottenere democraticamente il controllo politico con lo scopo di prendere i mezzi di produzione e le risorse della terra dalle mani della classe capitalista del mondo e metterli a libera disposizione dell’intera comunità del mondo.

L’istituzione di un sistema energetico mondiale sicuro

Come potrebbe il socialismo mondiale prendersi cura del lavoro per istituire un sistema energetico mondiale che sarebbe adeguato per i bisogni materiali della comunità mondiale, ma che potrebbe anche funzionare all’interno dei sistemi naturali dell’ambiente in un modo non distruttivo?

Due fattori devono essere accettati. Il primo, che l’ammontare complessivo della fornitura energetica richiesta nel socialismo come parte della sua strategia generale di sviluppo produttivo sarebbe immenso, discutibilmente più grande dell’ammontare che il capitalismo generalmente produce.

Ci sarebbero certamente grandi risparmi e un più efficiente uso delle forniture energetiche disponibili confrontato con ciò che succede oggi sotto il capitalismo. Studi effettuati negli anni 1970 dimostrarono che più di un mezzo del consumo energetico giornaliero è sprecato a causa di perdite indotte dalla tecnologia e dalla negligenza umana.

Il socialismo non avrebbe difficoltà nell’adottare le varie tecniche di conservazione che sono ben conosciute. Inoltre, sotto il capitalismo, un vasto ammontare di energia alimenta le macchine militari del mondo e la sua produzione di armamenti, e queste quantità diventerebbero disponibili per i bisogni umani. Il modello anarchico del commercio capitalistico coinvolge più spreco di energia, mentre il socialismo sarebbe in grado di razionalizzare la distribuzione mondiale su una base mondiale, regionale e locale.

Attualmente ci sono milioni di occupazioni che possono essere necessarie per il sistema del mercato ma che non sarebbero necessarie in una società organizzata solamente per i bisogni umani. Queste occupazioni sono servite dall’industria energetica, pertanto ciò rappresenta quantità ulteriori di energia che potrebbero diventare disponibili per l’utile consumazione.

Ma nonostante questi risparmi, può anche essere discusso che la strategia dello sviluppo produttivo, che sarebbe necessaria nel socialismo per istituire una struttura di produzione adeguata per i bisogni, richiederebbe inizialmente una fornitura energetica ampiamente aumentata, come per esempio nel caso della necessità di risolvere il problema mondiale dell’alloggiamento, anche se un livello stabile fosse alla fine raggiunto.

In secondo luogo, il socialismo mondiale dovrebbe cominciare con la struttura dell’approvvigionamento energetico che ha catturato. Potrebbe non smantellarla immediatamente e questo significa che alcuni metodi di produzione che possono essere considerati indesiderabili dovrebbero essere usati per un periodo di tempo. Possiamo prevedere che il socialismo mondiale si troverebbe a dover iniziare il lavoro di adattamento del sistema esistente, eliminando gradualmente le sue caratteristiche indesiderabili e allo stesso tempo espandendo la struttura usando i metodi che sono stati democraticamente concordati.

In questo lavoro il socialismo sarebbe in grado di usare il pianeta come una singola risorsa posseduta in comune da tutta la gente. Questo significa che il socialismo sarebbe in grado di usare i vari vantaggi geografici che possono esistere in qualche ubicazione come parte di un sistema energetico mondiale integrato.

Senza anticipare delle decisioni finali che sarebbero prese riguardo alle particolari tecnologie o combinazioni di tecnologie che sarebbero adattate e sviluppate nel socialismo, vale la pena notare che le varie tecnologie basate sul sole che al momento appaiono di per se stesse desiderabili ad alcune sezioni della comunità scientifica sarebbero molto adeguate per il socialismo.

La rimozione delle barriere economiche

Un punto da enfatizzare, riguardo a qualsiasi tecnica che può essere sviluppata, è che il socialismo non sarebbe obbligato dall’economia della competizione di mercato a usare metodi che rappresentino le quantità minori di lavoro nella loro produzione. Né potrebbe lo sviluppo delle armi recitare una qualsiasi possibile parte nel determinare la tecnologia adottata.

Benché le tecnologie basate sul sole, attualmente, non si presentino come i metodi di produzione di energia più efficienti dal punto di vista del lavoro in relazione alla produzione di energia, ciò non sarebbe una barriera per il loro sviluppo nel socialismo, nelle circostanze in cui fossero giudicate essere i metodi più socialmente desiderabili.

Inoltre, date le risorse che il socialismo sarebbe in grado di applicare liberamente alla ricerca e allo sviluppo delle tecnologie basate sul sole esse devono mantenere la promessa di essere tecniche appropriate per una ragione importante, che può aggiungersi al fatto che sono sicure dal punto di vista ambientale. È evidente che nelle sue varie forme come la forza del vento, dell’onda e della luce solare diretta, l’energia solare sia disponibile al pianeta in vaste quantità come parte di un sistema naturale autoperpetuante che non richiede alcun combustibile materiale. Il problema delle tecnologie solari è quello dell’effettiva raccolta e conversione in forme usabili di energia come l’elettricità.

Quello che ciò potrebbe significare in pratica è che una volta che lo sforzo sociale necessario per collocare la rete delle installazioni necessaria per un sistema energetico mondiale integrato basato sul sole è stato intrapreso, questo sistema sarebbe disponibile per la raccolta e la conversione permanente, richiedendo solamente manutenzione di routine. Ciò guarda avanti in una maniera molto pratica verso una posizione della società per mezzo della quale il problema dell’approvvigionamento energetico potrebbe essere risolto su una base permanente. Potrebbe operare con un sistema durevole di installazioni universali che non richiedono materiali aggiuntivi a eccezione di quelli necessari per la manutenzione di routine.

Inoltre, le tecnologie basate sul sole possono essere altamente adattabili nella scala del loro uso. Possono includere quello che Janet Ramage ha previsto come una singola rete universale fornita con l’elettricità generata da grandi e permanenti stazioni energetiche in differenti ubicazioni mondiali. Ma le tecniche solari possono anche essere usate su una piccola scala con dispositivi collocati localmente dedicati a funzioni locali specializzate.

Queste possono essere singole installazioni che forniscono calore o elettricità per singole case, fabbriche od officine. Dovrebbe essere sottolineato inoltre che le possibilità tecniche sono più ampie di quelle che sono state menzionate. Ci sono immense possibilità offerte dalle tecniche geotermiche. Nel guardare al di fuori delle fonti solari; possiamo ricordare che sotto i nostri piedi esiste un nucleo di calore fuso che potrebbe essere sfruttato come già viene fatto in Islanda e in altri luoghi.

Alla fine, la più grande risorsa produttiva dell’umanità giace nei geni innovativi della nostra specie. Il problema essenziale consiste nel come istituire una società in cui questi geni possano trovare la sua più piena espressione direttamente per i bisogni umani, e nel rispondere alla questione del perché questa ricchezza d’ingegno rimane così costretta all’interno delle esistenti strutture economiche, militari e politiche nazionali.

La fissione nucleare è un modo del tutto incurante di generare vapore per far girare le turbine. Anche se le stazioni di energia nucleare fossero sicure quanto sono ufficialmente reclamate di essere, rappresenterebbero ancora una minaccia per la biosfera visto che qualsiasi aumento nel livello di radioattività è pericoloso per il ruolo che gioca nel provocare mutazioni.

Tali mutazioni sono già operate dalla normale radiazione di sfondo, proveniente dalle rocce della Terra e dallo spazio, ma è molto raro che tali mutazioni siano favorevoli; è molto più probabile che siano sfavorevoli per l’organismo affetto. Qualsiasi aumento nel livello della radioattività oltre il suo livello naturale è legato anche all’aumento del numero delle mutazioni e perciò al numero di quelle sfavorevoli. Le generazioni future considereranno giustamente la decisione di utilizzare l’energia nucleare su una scala allargata per la generazione dell’elettricità e tanto più per scopi militari, come un atto di follia, proprio come dall'inizio si sapeva giustamente che non c’era una soluzione soddisfacente al problema del deposito dello scarto radioattivo che inevitabilmente risulta dal processo. Buttare questo nel mare o sotterrarlo significa soltanto inquinare una parte della biosfera per le generazioni che devono venire.

Le fonti alternative

Esistono, tuttavia, alternative ecologicamente meno dannose per generare l’elettricità. Le turbine possono essere fatte girare dall’acqua, dal vento e dalla forza della marea o dal vapore innalzato dal calore dei raggi del sole. Questi non sono soltanto modi puliti di generare l’elettricità – non inquinano la biosfera – ma hanno il vantaggio aggiuntivo di essere basate su processi naturali rinnovabili.

Attualmente, le fonti di energia rinnovabili maggiormente usate sono l’energia idroelettrica e la biomassa. Può anche essere possibile rendere la combustione dei combustibili fossili meno intrusivi dal punto di vista ambientale. L’eventuale scelta deve essere lasciata alla maggioranza per decidere dopo una piena considerazione dei fatti.

Fonti:
(1) The Guardian 18/09/1996 - The Other Energy Crisis
(2) World Socialist – Inverno 1986/7

(Traduzione da www.worldsocialism.org)

lunedì 9 agosto 2010

Eco-socialismo

La prospettiva ecologica

Gli attuali metodi di produzione possono innegabilmente danneggiare gli ecosistemi del mondo in molti modi. Tuttora, la questione rimane se l’attività produttiva umana, la trasformazione dei materiali che provengono dalla natura nelle merci adatte per l’uso umano, è inevitabilmente dannosa in un senso ecologico. La massiccia scala dell’attività produttiva umana certamente ha implicazioni immense per l’ecologia e alcuni verdi radicali sostengono che l’attività umana su una tale scala sia incompatibile con un rapporto armonioso con il resto della natura.

Nel considerare che cosa noi intendiamo per “danno ecologico”, è importante ricordare che questi ecosistemi si stanno evolvendo. La biosfera nel complesso, che consiste in milioni di forme di vita reciprocamente interdipendenti, può essere pensata come un unico ecosistema.

Tuttavia è ancora possibile distinguere vari subsistemi, o “biomedi” all’interno di esso, sulle basi delle differenti condizioni climatiche e fisiche che esistono in diverse parti del mondo. Questi si schierano dalla tundra dell’artico, attraverso le foreste conifere e decidue e le steppe, alla savana e le foreste pluviali delle regioni vicino all’equatore. A ciascuna di queste condizioni fisiche e climatiche corrisponde un ecosistema stabile che si evolve fino al suo “punto culminante”, attraverso una serie di fasi successive. Questo punto culminante stabile sarà la situazione dove l’ammontare del cibo prodotto dalla vita della pianta è sufficiente, dopo aver tenuto conto dei bisogni di respirazione delle piante, per soddisfare in maniera sostenibile i requisiti di energia alimentare di tutte le forme di vita animali dentro il sistema. Sarà, di fatto, la situazione che fa un uso ottimale, in termini di sostenimento di tutte le forme di vita dentro il sistema, della luce dei raggi del sole che cadono sull’area.

Un punto culminante ecologico è definito in termini di esistenza di condizioni fisiche e climatiche. È chiaro che se questi ultimi cambiamenti sono esistiti, ed effettivamente ce ne sono stati relativamente molti nel corso delle migliaia di milioni di anni di vita – attraverso cose come il livello del mare, e l’andirivieni delle ere glaciali – allora l’equilibrio precedentemente esistente sarà rovesciato. Uno nuovo tenderà poi a svilupparsi in conformità con le nuove condizioni fisiche e climatiche.

Lo sfacelo di un vecchio ecosistema fa precipitare le differenti specie e varietà di forme di vita in uno stato di competizione. Nel caso delle piante, la competizione sarebbe nel catturare la luce dei raggi del sole. Nel caso degli animali, sarebbe nel recuperare l’energia alimentare prodotta dalle piante. Le specie e gli individui che dimostrano di essere meglio adattati alle nuove condizioni (“il più adatto” come dice Darwin) sopravviverebbero e fiorirebbero. Alla fine un nuovo ecosistema stabile, con un “punto culminante” differente, appropriato alle nuove condizione geofisiche, si evolverebbe. Le specie potrebbero scomparire lasciando la nicchia ecologica che hanno occupato per essere riempite dai nuovi arrivati.

Gli ecosistemi del mondo si stanno continuamente evolvendo e perciò non c’è nessuno stato “originale”, “naturale” del pianeta. Dopo tutto, gli esseri umani sono sia un prodotto che una parte della natura e non qualcosa al di fuori di essa. Non c’è alcun motivo di considerare un ecosistema in cui gli esseri umani, come gli altri animali, vivono in un numero limitato come “raccoglitori/cacciatori” nella foresta come più “naturale” di uno in cui c’è un numero più grande di alberi e piante della foresta. Non c’è alcuna base in ecologia per dire che gli alberi dovrebbero essere la principale forma di vita, nemmeno che la condizione umana naturale è cacciare e raccogliere.

L’Ecologia e il Socialismo

I materiali che gli esseri umani prendono dalla natura possono essere divisi in due categorie, a seconda se sono rinnovabili o non-rinnovabili. Quasi tutto della natura organica è rinnovabile (dato che la maggior parte di essa può essere cresciuta in un periodo di tempo relativamente breve), come lo sono certe forze naturali che gli esseri umani usano come strumenti di lavoro (fiumi, cascate, vento, i raggi del sole, ecc.). Le risorse non-rinnovabili d’altro canto – come i minerali metalliferi, il carbone, il petrolio, l’argilla, la sabbia – sono così chiamate perché non fanno parte di alcun ciclo naturale che le riproduce, per lo meno non con una scala di tempo rilevante per gli esseri umani.

L’Agricoltura

Il modo più ovvio in cui gli esseri umani estraggono materiali rinnovabili dalla biosfera è attraverso l’agricoltura. L’agricoltura comporta, per definizione, un cambiamento fondamentale nell’ecosistema esistente. L’introduzione dell’agricoltura in Europa comportò il taglio della maggior parte della foresta decidua. Questa foresta decidua ha rappresentato un punto culminante ecologico stabile per la maggior parte dell’Europa. La terra era usata per far crescere piante che gli esseri umani trovavano utili, a danno sia degli alberi che delle altre piante che erano cresciute rigogliosamente nella foresta. L’agricoltura comporta deliberatamente l’impedimento di un ecosistema di svilupparsi verso un punto culminante.

Un ecosistema che coinvolge l'agricoltura per essere stabile richiede l'azione intenzionale da parte degli esseri umani. Questo comporta non soltanto coltivare i campi e mantenerli puliti da altre piante che potrebbero crescervi sopra (“erbacce”), ma anche mantenere la fertilità del terreno che, senza agricoltura, si rinnoverebbe spontaneamente.

Le cose vanno male quando gli esseri umani ignorano le conseguenze ecologiche delle loro azioni, per esempio, permettendo tanto pascolo dei loro animali addomesticati o prendendo dal terreno senza ristabilire i minerali e i materiali organici che sono essenziali allo sviluppo normale della pianta. Tuttavia, se gli esseri umani osservano queste regole, allora, come testimoniano numerosi esempi storici, un ecosistema in cui gli esseri umani praticano l’agricoltura può essere stabile quanto uno da cui gli esseri umani sono assenti, o uno in cui essi praticano la caccia e la raccolta.

Ciò era capito e praticato nelle comunità agricole relativamente autosufficienti che sono esistite fino all’arrivo del capitalismo, dove ciò che era prodotto era in gran parte consumato sul posto. Lo scarto degli esseri umani risultante dal consumo, insieme con lo scarto degli animali e quelle parti di piante e animali che non erano usate come cibo e altri fini, era restituito al terreno dove veniva decomposto da insetti, funghi e batteri presenti negli elementi che sostengono la fertilità del terreno.

Quando, tuttavia, il luogo di produzione e il luogo di consumo sono separati, questo ciclo tende a distruggersi. Il risultato è che la fertilità del terreno diminuisce. Se un’area si specializza nella produzione di un raccolto per l’esportazione, cioè per il consumo altrove, ciò significa che della materia minerale e organica incorporata nella raccolta lascerà quell’area per sempre e non sarà restituita al terreno. Lo stesso è valido per l’allevamento animale. Gli animali richiedono grandi quantità di calcio per le loro ossa, come pure di altri minerali come il fosforo, il ferro e il magnesio, i quali a loro volta provengono dal terreno, tramite le piante con cui si alimentano. Se quegli animali sono esportati, sia morti che vivi, e consumati altrove, allora i minerali che contengono sono persi dal terreno della zona dove essi sono stati allevati.

Un problema complementare sorge all’altro capo, al punto del consumo: che cosa fare con lo scarto degli esseri umani che, quando i punti di produzione e di consumo erano gli stessi, era restituito automaticamente al terreno e riciclato dalla natura? Rilasciandolo nel mare o nei fiumi o nelle fogne significa che è perso dall’agricoltura, anche se non, sfortunatamente, dalla biosfera (questo contribuisce all’inquinamento dell’acqua incoraggiando la proliferazione di alcune forme di vita – per esempio, le alghe e i batteri – a danno di altre che l’acqua normalmente sostiene).

La “soluzione” che è stata trovata sotto il capitalismo, in quanto è la più economica in termini di contenuto di lavoro dei prodotti, è stata l’uso di fertilizzanti artificiali – nitrati e fosfati che sono stati fabbricati in stabilimenti chimici. Questo funziona nel senso di permettere alla terra di continuare a produrre lo stesso ammontare, o più, dello stesso raccolto o animale, ma a un prezzo in termini d’inquinamento dell’acqua nella regione interessata. I fertilizzanti artificiali, non essendo tenuti dal terreno nello stesso modo in cui lo è lo scarto organico, tendono ad essere dilavati via dalla pioggia in corsi d’acqua dove causano inquinamento.

La soluzione ecologica al problema è trovare qualche modo per restituire al terreno lo scarto organico risultante dal consumo umano in aree urbane. Barry Commoner suggeriva che ciò potrebbe essere fatto per mezzo di tubi che colleghino la città e la campagna. Una soluzione a lungo termine sarebbe quella prevista dai primi socialisti che non vedevano l’ora che l’agricoltura e l’industria manifatturiera venissero combinati,

graduale abolizione della distinzione tra città e campagna, con una distribuzione più uniforme della popolazione sul territorio. (1)

I Materiali Non-Rinnovabili

Preoccupazione è stata espressa per il fatto che le risorse non-rinnovabili alla fine si esauriranno. Eppure, malgrado alcune previsioni selvagge che sono state fatte nel passato recente, l’esaurimento delle risorse non-rinnovabili non è un problema immediato. Un vantaggio che i materiali non-rinnovabili hanno sulla maggior parte di quelli rinnovabili è che possono normalmente essere usati più di una volta. Con le importanti eccezioni del carbone, del petrolio e dei gas naturali quando bruciati, essi possono essere riciclati. Una proporzione di alcuni metalli viene persa attraverso la corrosione, ma tutti i metalli possono in linea di principio essere recuperati e riusati. È stato insinuato, per esempio, che la maggior parte dell’oro estratto dai tempi antichi sia ancora in uso. Gran parte del ferro, del rame, dello stagno e di altri metalli estratti nello stesso periodo è ancora in giro da qualche parte anche se non è ancora usato come l’oro. Le risorse possono essere conservate facendo strumenti di produzione più facili da riparare e fabbricando beni di tutti i tipi che durino piuttosto che si distruggano o diventino inutilizzabili dopo un periodo di tempo attentamente calcolato, come è pratica comune sotto il capitalismo (obsolescenza pianificata).

Le risorse non-rinnovabili possono essere sostituite in molti casi da quelle rinnovabili. La produzione di elettricità è un esempio calzante.

La Tecnologia Non-Inquinante

Le tecniche impiegate per trasformare i materiali devono, se vogliono evitare di rovesciare i cicli naturali che sono fondamentali alla natura, evitare di scaricare nella biosfera o abbandonare come residui i prodotti, le sostanze tossiche o le sostanze che non possono essere assimilate dalla natura. In altre parole, dovrebbe essere applicata la tecnologia non-inquinante. Ciò è piuttosto fattibile da un punto di vista tecnico dato che le tecniche di trasformazione non-inquinanti sono conosciute in tutti i campi della produzione. Tuttavia, esse oggi non sono impiegate su alcuna ampia scala poiché incrementerebbero i costi di produzione e così sono escluse dalle leggi economiche del capitalismo.

Conclusione

Il principio di fondo dietro le trasformazioni nei materiali e i metodi produttivi usati, che è richiesto dalla necessità di tenere adeguato conto della dimensione ecologica, è quello che il sistema produttivo nell'insieme dovrebbe essere sostenibile per il resto della natura. In altre parole, quello che gli esseri umani prendono dalla natura, l’ammontare e il ritmo con il quale lo fanno, come pure il modo in cui usano questi materiali e se ne sbarazzano dopo l’uso, dovrebbe completamente essere fatto in una tale maniera da lasciare la natura in una posizione di continuare a fornire e riassorbire i materiali richiesti per l’uso.

A lungo andare questo implica livelli di consumo e di produzione stabili o soltanto in lento aumento, benché non escluda un piano accurato di rapido sviluppo su un periodo per raggiungere un livello a cui il consumo e la produzione potrebbero poi rimanere stabili. Una società in cui i livelli di produzione, di consumo e di popolazione sono stabili è stata denominata una “economia di stato-stabile” dove la produzione sarebbe adattata semplicemente per soddisfare i bisogni e per sostituire e riparare lo stock dei mezzi di produzione (materie prime e strumenti di produzione) necessari per questo.

È ovvio che oggi i bisogni umani sono lontani dall’essere soddisfatti su scala mondiale e che onestamente la rapida crescita nella produzione di cibo, abitazioni e altre basilari amenità sarebbe ancora necessaria per alcuni anni anche se la produzione cessasse di essere governata dalle leggi economiche del capitalismo. Tuttavia non dovrebbe essere dimenticato che una “economia di stato-stabile” sarebbe una situazione molto più normale di una economia adattata per accumulare alla cieca sempre più mezzi di produzione. Dopo tutto, l’unica ragione razionale per accumulare mezzi di produzione è alla fine essere in una posizione di soddisfare tutti i bisogni di consumo ragionevoli.

Una volta che lo stock dei mezzi di produzione ha raggiunto questo livello, in una società con questo scopo, l’accumulazione, o l’ulteriore espansione dello stock dei mezzi di produzione, può fermarsi e i livelli di produzione possono essere stabiliti. Logicamente, questo punto alla fine sarebbe raggiunto, dato che i bisogni di consumo di una data popolazione sono limitati.

Così se la società umana deve essere in grado di organizzare la sua produzione in un modo ecologicamente accettabile, allora deve abolire il meccanismo economico capitalistico dell’accumulazione di capitale e adattare la produzione preferibilmente alla diretta soddisfazione dei bisogni.

Fonti:

(1) Il Manifesto del Partito Comunista, Marx & Engels (1848)

(Traduzione da www.worldsocialism.org)