In
occasione del centenario del colpo di stato bolscevico in Russia (7 novembre
1917 secondo il calendario gregoriano vigente in occidente, 25 ottobre per il
calendario giuliano), abbiamo preparato un breve saggio sulla reazione dei
socialisti unitari, detti anche “minimalisti”, o “riformisti”, del Partito
Socialista Italiano (PSI) e la paragoneremo principalmente con la reazione dei
socialisti inglesi del “nostro” Partito Socialista della Gran Bretagna (SPGB). Questo
sarà diviso in quattro parti. Il preambolo che affronterà molto
superficialmente il periodo che va dalla Rivoluzione di Febbraio a quella di
Ottobre; un secondo che tratterà la reazione dei socialisti italiani, e in particolare
quella degli unitari, la terza parte sulla reazione del SPGB, e infine le
conclusioni.
È doveroso
sottolineare però due cose. Paragonare il PSI al SPGB ovviamente è storicamente
errato e non è l’intento di questo scritto. Il PSI era già agli inizi del ‘900
un partito con un grande seguito nelle masse, e ancor di più, come si vedrà,
nel periodo post-rivoluzionario. Il SPGB nasceva dalla scissione doverosa del
1904, contro ogni tipo di riformismo e centralismo, scissione che lo aveva però
ridimensionato dal punto di vista del seguito, e ciò nonostante rimaneva fedele
al socialismo marxista.
In secondo
luogo è importante notare l’omogeneità dell’intransigenza del SPGB, al
contrario del PSI non era lacerato tra il gradualismo dei riformisti,
l’attendismo dei massimalisti e il dogmatismo programmatico degli intransigenti
di sinistra. Ciò nonostante la critica dei riformisti italiani, pur non
condividendo noi l’imborghesimento della loro lotta politica, fu una delle più
lungimiranti sui fatti di Russia ed è per questo che vale la pena riportarla.
Preambolo
La Rivoluzione di Febbraio viene annunciata da “L’Avanti”
tramite l’agenzia Stefani, il 16 marzo del 1917 secondo il calendario
gregoriano. La discussione verte principalmente sull’impegno russo nell’Intesa,
e trova i liberali interventisti euforici dell’idea che questa possa dare nuovo
vigore allo sforzo russo sul fronte orientale. Mentre il gruppo parlamentare
socialista, nella fattispecie Filippo Turati e Giuseppe Modigliani, è scettico
che la deposizione dello zar possa avere questo significato. Turati in un
discorso al consiglio comunale di Milano, il 25 aprile, ribadisce la formula zimmerwaldiana
della pace senza annessioni né indennità. Sempre in aprile viene pubblicata su
“L’Avanti” la dichiarazione del governo provvisorio russo di rinuncia ad ogni ambizione
espansionistica. Si riunisce a Milano la Direzione del Partito Socialista, il gruppo
parlamentare e il consiglio direttivo della Confederazione del Lavoro, dove il
Partito ribadisce la sua posizione pacifista. Da questa riunione scaturisce il
documento Ai socialisti di tutti i paesi;
al quale si oppone però Amadeo Bordiga con Nulla
da rettificare uscito su “L’Avanti” il 23 maggio, dove sottolinea la
tendenza intesista di questo documento. Gli risponde Serrati, direttore de
“L’Avanti” sdrammatizzando la frase non felice attaccata da Bordiga, ribadendo
la linea internazionalista del PSI. Verso la fine di aprile appare il primo
articolo di Antonio Gramsci sulla Rivoluzione di Febbraio, Note sulla rivoluzione russa; qui curiosamente Gramsci precisa che “i rivoluzionari russi non sono giacobini,
non hanno già sostituito alla dittatura di uno solo la dittatura di una
minoranza audace e decisa a tutto pur di far trionfare il programma.” Ovvero
quello che avverrà poi in ottobre. Appariva su “L’Avanti” già il 30 marzo un
articolo di Genosse Sacerdote su Lenin, spiegando che questi è per la pace e
contro il governo provvisorio in favore di un’Assemblea Costituente. Già a fine
aprile si leggono articoli inneggianti l’autorevolezza di Lenin e la figura di
Lenin rivoluzionario intransigente cresce nell’immaginario degli operai.
Nonostante Vasilij Ivanovič Suchomlin (Junior) il corrispondente russo de
“L’Avanti”, esalti invece la figura del socialrivoluzionario Černov. Junior aveva
forti riserve su Lenin in quanto secondo lui eccessivamente dogmatico. Una
volta partito per la Russia Junior, in giugno, la corrispondenza passò alla
Balabanoff e ad Ing. questi erano più favorevoli nei confronti dei bolscevichi.
Quindi vi sono i fatti di luglio, ovvero la sollevazione dei
soldati e operai di Pietrogrado contro il governo che si concluse con la
repressione governativa che vide nei bolscevichi i principali fomentatori dichiarando
il loro partito fuorilegge. Serrati nel suo La
crisi della rivoluzione pubblicato il 22 luglio su “L’Avanti”, denuncia che
il “malcontento popolare … non è sedato… permangono le cause che lo
avevano originato… guerra … approvvigionamenti … La rivoluzione, fatta dal
proletariato, sta per essere sfruttata dalla borghesia…”, e in un altro
articolo intitolato Lenin Serrati
esalta la figura di Lenin come il leader del movimento operaio socialista
russo. Sfatando un po’ il mito del leninismo divenuto popolare solo post-Ottobre,
“Critica Sociale” (si veda Primavera di
rivoluzione, Verso albe nuove) dei socialisti unitari, già in occasione
della rivoluzione di febbraio denuncia l’arretratezza russa ed è critica della
posizione di Lenin a Zimmerwald e Kienthal. Turati e Claudio Treves sono molto
chiari a riguardo della pace separata soprattutto per il timore che questa pace
rafforzi la Germania a svantaggio dell’Italia. Questa posizione
filo-patriottica dei riformisti si acuirà con la disfatta di Caporetto e verrà
attaccata dagli intransigenti. Intanto Gramsci aggiusta il tiro in luglio, con I massimalisti russi, apparso su “Il
Grido del popolo” e “L’Avanguardia”, dove esalta Lenin e i bolscevichi come i
veri rivoluzionari e non evoluzionisti.
Quindi al grido di «Viva
Lenin!» viene accolta la delegazione del Soviet di Pietrogrado già nell’agosto
del 1917. La delegazione è composta da Goldenberg (ex-bolscevico, ora
indipendente), Ehrlich (del Bund), Russanov (socialrivoluzionario) e Smirnov
(menscevico). I delegati sono per la pace generale e non separata. Nasce una
polemica proprio sul «Viva Lenin!» tra
Turati e Serrati. Il primo sostiene che questo grido denunci “una confusione d’idee”, il secondo,
invece sostiene che Lenin era “uno dei
più fedeli interpreti del socialismo internazionale”. Molti socialisti non
vedono di buon occhio però il sostegno che i delegati russi sembrano dare al
governo Kerenskij. Questo si palesa il 13 agosto a Torino, dove il comizio dei
delegati russi tradotto a braccio da Serrati per la folla, si conclude (proprio
per l’esaltazione e il colorire di Serrati) con incidenti che gli costeranno l’incarcerazione
e un processo. Scontri molto più seri avverranno sempre a Torino con in moti
del 22 fino al 26 agosto. La Conferenza di Stato chiamata da Kerenskij che escludeva
i bolscevichi viene aspramente criticata da “L’Avanti”. È chiaro come riportato
da Ing. in settembre che la rivoluzione può sopravvivere non solo con la
sconfitta del generale Kornilov, ma con la sconfitta del collaborazionismo di
Kerenskij. Serrati nei suoi Scampoli-Lenin
il 3 ottobre si chiede in tutto questo dove sia Lenin. Con la conquista della
maggioranza del Soviet di Pietrogrado da parte dei bolscevichi e la nomina a
presidente di Trockij su “L’Avanti” si incomincia già a leggere un mese prima
della presa del potere da parte dei bolscevichi che “Lenin occuperà presto il posto di Kerensky”. Una presa del potere
non troppo inaspettata in fondo.
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